La giornata di oggi sarà fondamentale per l’eventuale conferma del trasferimento, considerato comunque ormai sicuro, e per la selezione del futuro incarico dello stesso Laudati. Le ipotesi più accreditate parlano della Direzione Nazionale Antimafia, della Corte di Cassazione come sostituto procuratore, o della Corte d’Appello di Roma. Pur esprimendo il suo dispiacere nel lasciare Bari, Laudati ha fatto trapelare come la destinazione più gradita, delle tre possibili, sarebbe la Dna. È scontro, però, sulla possibilità di un trasferimento diretto ad un incarico normalmente sottoposto a concorso. Gli avvocati di Laudati ribattono che il loro assistito, provenendo proprio dalla Dna, quel concorso lo avrebbe già a suo tempo superato. Si prepara uno scontro a colpi di codici e norme, tenendo comunque pronta la soluzione di riserva della Corte d’Appello di Roma. Il trasferimento farebbe decadere automaticamente il procedimento per incompatibilità ambientale.

L’intera vicenda ruota attorno alle indagini, partite alcuni anni fa non ancora sotto la direzione di Laudati, sul caso delle escort che l’imprenditore pugliese Gianpaolo Tarantini avrebbe fornito a più riprese a Silvio Berlusconi, per cene private in alcune sue residenze. Indagini che, secondo l’accusa della procura di Lecce, sarebbero state sistematicamente rallentate dallo stesso Laudati già a partire da pochi giorni prima del suo insediamento nella procura di Bari. L’accusa di favoreggiamento e abuso d’ufficio era partita da un esposto al Csm di Giuseppe Scelsi, collaboratore di Laudati, che nel settembre 2011 denunciava rallentamenti ad opera dello stesso Laudati nella conduzione dell’indagine su Tarantini e Berlusconi.

Scelsi, oggi indagato per abuso d’ufficio a seguito di alcune presunte intercettazioni telefoniche illecite su colleghi, formulava nel suo esposto accuse piuttosto circostanziate verso il procuratore capo di Bari. In particolare, sosteneva, Laudati avrebbe formato una task force di agenti della Guardia di Finanza, avrebbe insistito per stralciare dalle indagini i reati legati alla prostituzione e avrebb ipotizzato che Patrizia D’Addario, figura chiave della vicenda, potesse essere stata manovrata da tempo per recarsi a Palazzo Grazioli con un registratore nascosto. Alle perplessità di Scelsi facevano eco anche le testimonianze di un altro magistrato della squadra di Laudati, Eugenia Pontassuglia, la cui deposizione del settembre 2011 confermava quanto sostenuto dal collega.

08 aprile 2013

Giorgio Scapparone Suma