“L’evasione è un reato, pagare in contanti è una libera scelta”, l’iniziativa di PIN, Partite Iva Nazionali, sta riscuotendo grande successo in tutto il Paese.

PIN aveva presentato in Senato una petizione in merito all’argomento cashback, la numero 669 resa nota in VI Commissione Finanza, con cui si chiedeva la modifica del piano cashless, motivata dall’inopportuna manovra presentata e portata avanti durante il periodo pandemico, con la reale necessità della cancellazione delle commissioni bancarie a giustifica di una azione, quanto meno, perequativa e non discriminatoria nei confronti dei titolari di partita iva.

“Se un cliente fa un acquisto con bonifico paga le commissioni se lo fa con il bancomat o carta di credito, perché le paga l’esercente! Perché questa differenza? Siamo ancora una volta imbarazzati nell’apprendere che in questi giorni il MEF stia ancora discutendo ed ancor peggio valutando se punire o no i cosiddetti furbetti del cashback, ossia quei clienti che sfruttando una falla del sistema normativo strisciando la propria carta bancomat sui pos degli esercenti, ancora una volta beffati e danneggiati da un sistema economico che fa acqua da tutte le parti nella speranza di accumulare maggiori punteggi al fine di conquistare il fatidico premio di miglior strisciatore”, dichiara il presidente di PIN, Antonio Sorrento.

“Anche noi con i nostri associati da mesi abbiamo adottato la misura di fare uno sconto al cliente del 10% all’emissione dello scontrino fiscale per contrastare la continua vessazione delle commissioni bancarie – aggiunge Paolo Bianchini, presidente di MIO Italia -. La lotta all’evasione è cosa diversa dalle misure sempre adottate in favore delle banche. A questo problema del cashback e delle commissioni bancarie si aggiunge anche il problema nel problema di cui nessuno ha ancora parlato che riguarda il comparto dell’ospitalità a tavola (Horeca). Mi riferisco al personale di sala e di cucina difficilissimo da trovare ora che ristoranti, bar, pizzerie e cocktail bar si apprestano a riaprire – se la politica farà la sua parte – a pieno regime. Il reddito di cittadinanza (come il sussidio di vario tipo) funge da deterrente occupazionale per i giovani e meno giovani, che preferiscono continuare a percepirlo e, quando si presentano ai colloqui, chiedono di lavorare in nero. In ogni caso ci pensano due volte prima di entrare o rientrare nel mondo del lavoro. Non solo. Le eventuali esperienze occupazionali degli studenti diventano irrealizzabili, perché questi ultimi chiedono di lavorare saltuariamente, senza impegno, e quindi non possono essere inquadrati. Troppo assistenzialismo in questo senso fa male, incentiva la disoccupazione e soprattutto la richiesta di lavoro in nero, mettendo in difficoltà i piccoli imprenditori. La politica dovrebbe battere un colpo, anche perché le esperienze lavorative, come ad esempio quella di cameriere in un locale, sono formative per un giovane studente, fanno curriculum e sono considerate positivamente dalle aziende che assumono”.

“Urge instaurare un serio dialogo di ascolto risolutivo tra le parti sociali datoriali e la classe politica che oggi è al governo del nostro Paese, prima che sia troppo tardi per tutto e per tutti”, conclude Sorrento.