“In settimana il deserto, mentre solo il sabato ci dobbiamo fare in quattro per riuscire a consegnare tutti i domicili entro l’orario stabilito”. Nino è proprietario di una pizzeria a Triggiano e vuole sfatare il mito delle pizzerie d’asporto che durante la pandemia si sono arricchite.

“La gente pensa che noi abbiamo continuato a lavorare normalmente e invece non è così. In settimana c’è il deserto, facciamo dai sei a i dieci domicili e con quelli di certo non si coprono le spese. Il sabato lavoriamo di più – sottolinea Nino -, ma non possiamo andare oltre i 30 domicili perché per i tempi imposti dallo Stato non riusciamo”.

“Mi chiedo perché fare tante restrizioni di sera, mentre la mattina si vedono assembramenti, persone in fila per entrare nei locali aperti, gente che passeggia. Che differenza c’è la sera? Noi lavoriamo principalmente dalle 20 in poi e in settimana chiudiamo alle 21 perché è inutile consumare la legna e l’elettricità” aggiunge.

“Poi c’è il paradosso della prenotazione dell’asporto. Questa tecnica io l’ho sempre adottata soprattutto il sabato ancor prima che arrivasse il coronavirus. Giustissimo attuarla nei weekend per evitare gli assembramenti – continua – ma è anche vero che in settimana è davvero una presa per i fondelli. Se dovesse arrivare un cliente per l’asporto che non ha la prenotazione devo mandarlo via per evitare sanzioni in caso di un controllo”.

“Noi pizzaiolo siamo trattati come gli appestati. Lo Stato dovrebbe trovare la causa dei contagi fuori dalle pizzerie. Col fatto che stiamo aperti abbiamo avuto solo il 50% dei ristori, ma anche a noi hanno tolto le sale self service. Come tutti abbiamo avuto un forte calo del fatturato e ogni sera la cassa è vuota” conclude amareggiato.