L’emergenza per il coronavirus ha costretto il Governo a dichiarare lo stop delle attività non essenziali; da quel momento è apparso chiaro a tutti che la crisi oltre che sanitaria sarebbe stata anche economica. Il video della famiglia barese costretta a elemosinare 50 euro in banca se lo ricordano tutti. In molti settori si teme un’ecatombe di piccole e medie attività, fra questi la ristorazione.

A Bari un ristoratore ha già fatto sapere che uno dei suoi tre locali probabilmente non riaprirà i battenti a cause del rapporto tra costi e guadagni in relazione alla riduzione dei coperti. Proprio da Le Veronique è partita la “Vertenza Regione Puglia e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”, con tanto di pagina facebook per aderire. Il problema è sempre quello, la mancanza di soldi, primi fra tutti quelli promessi dalle istituzioni, che alla vigilia dalla Fase 2 non sono ancora arrivati.

Il 9 maggio si ritroveranno davanti alla sede dell’Inps per “stendere i panni”, nel senso barese del termine, un flash mob per richiamare l’attenzione sui tanti cittadini rimasti senza uno straccio di stipendio e con una montagna di promesse.

Siamo camerieri, chef, banconisti, publican, persone che da anni lavorano nel campo della ristorazione con dedizione e passione, mettendo la propria professionalità al servizio del cliente e cercando di farlo sentire sempre “come a casa”. Ma quando torniamo a casa nostra siamo padri e madri di famiglie con bambine e bambini anche molto piccoli. Fra di noi c’è chi lunedì si sposerà, chi ha avuto un figlio da pochissimi mesi, chi ha la moglie incinta, chi finalmente stava riuscendo a riparare i propri disastri finanziari, chi con il lavoro e la costanza stava aggiustando la propria vita e si stava allontanando da dinamiche troppo spesso viste nella nostra città, chi ha a casa persone con gravissimi problemi di salute, chi ha figli adolescenti da dover mantenere e chi deve pagare gli studi universitari.

Siamo tanti, oltre 50, considerando anche i ragazzi e le ragazze che lavoravano come extra nel fine settimana nelle nostre tre sedi di Le Vèronique. Non a caso uso il passato per loro perché siamo certi che quando il primo giugno potremo riaprire, le restrizioni imposte dal distanziamento sociale ci faranno perdere oltre il 70% delle nostre capacità ricettive e certamente non avremo bisogno di extra. Purtroppo però non saranno solo gli extra ad essere “in attesa di tempi migliori”. E’ semplice matematica, se un’attività di 100 posti a sedere necessitava di 10 dipendenti prima della pandemia, adesso con le capacità ridotte al 30% ne avrà bisogno di 3 o 4 al massimo.

Da quando il 12 marzo Conte ha dichiarato tutta l’Italia zona rossa, con la chiusura delle nostre attività, non abbiamo fiatato, siamo rimasti in casa, abbiamo pazientemente atteso. Per la prima volta nella nostra vita abbiamo sentito parlare di “cassa integrazione”. Il nostro settore, quello ristorativo, non è uno di quelli in cui ci si ferma a periodi. Siamo abituati a lavorare ed essere pagati oppure stare fermi e cercare altro. Non è mai esistito in 30 anni di lavoro la cassa integrazione per i dipendenti del settore ristorativo. Ma sapevamo che eravamo in un momento unico nella storia e abbiamo accettato in silenzio affidandoci e fidandoci dello Stato.

Ad oggi, 2 maggio, nessuno di noi ha ancora visto un euro accreditato dall’INPS per la nostra cassa integrazione in deroga. Le singole situazioni personali di necessità e contingenza diventano di giorno in giorno sempre più pesanti da sostenere e ci accomunano in un collettivo sentimento di sfiducia e rabbia che cresce di ora in ora. Da settimane ormai si viaggia di rinuncia in rinuncia nelle nostre famiglie fino ad arrivare ad alcune situazioni monoreddito in cui ormai si è costretti a chiedere aiuto alla Caritas.
Inoltre ad aggravare la situazione ci sono molti dipendenti precari che hanno visto scadere, o vedranno scadere prima della riapertura il loro contratto a tempo. Per queste persone, per queste famiglie, non è stata annunciata alcuna promessa, alcun aiuto economico.

Questa situazione è insostenibile, siamo lavoratori, nella vita abbiamo sempre sudato per “portare il pane a casa” e non siamo né abituati né intenzionati a mendicare per vivere. Sappiamo di non essere soli, di avere molta compagnia non solo qui in Puglia, ma in tutta Italia e per questo da ieri, 1 maggio, abbiamo iniziato ad agire. Abbiamo deciso di usare la tecnica del “post bombing” commentando tutti insieme alle 17:00 il video del sindaco Antonio De Caro dedicato alla festa dei lavoratori e testimoniando il nostro disagio, la nostra situazione inaccettabile ormai prossima ad esplodere.

Lunedì presenteremo una vertenza alla Regione Puglia e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per presentare la nostra situazione insostenibile e sollecitare il pagamento immediato delle casse in deroga. Già da oggi sarà possibile aderire alla vertenza semplicemente indicando nome, cognome, mansione lavorativa ed azienda presso cui si lavora sulla nostra pagina Facebook “Vertenza alla Regione Puglia e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”.

Se anche questo non dovesse servire a velocizzare i pagamenti (stiamo parlando di due mesi senza stipendio) saremo costretti a scendere in piazza. Sabato 9 maggio, davanti alla sede INPS sul lungomare Nazario Sauro faremo un flash mob intitolato “Addò ama scì a spann le rrob”. Monteremo un filo per stendere i nostri panni davanti la sede INPS e ognuno di noi stenderà un proprio indumento.

Siamo cittadini onesti e per bene ma ciò non significa che siamo disposti a tollerare ulteriori ritardi, ingiustificabili in un momento così difficile, delle Istituzioni e Organi di competenza. Il rispetto delle norme deve essere reciproco. Se lo Stato non da garanzie ai propri cittadini perché questi dovrebbero rispettare le norme che esso detta?