Arrivo davanti al minimarket intorno alle 8, il negozio è aperto da almeno un’ora come ai tempi in cui il coronavirus era confinato in Cina. Prendo il numerino dal distributore sistemato fuori dal locale e mi metto in fila, ben distanziato dalle due persone che mi precedono. Indossiamo tutti guanti e mascherina. In 10 giorni è la seconda volta che metto piede fuori di casa. Solo pochi minuti per reali necessità. Nessuno in famiglia è positivo e nemmeno è stato a contatto con un paziente positivo, ma abbiamo scelto la quarantena vera.

È il mio turno: numero 9. Prendo il carrello e inizio a riempirlo con quello che c’è. Se il grossista vende la merce a prezzi che costringerebbero il commerciante ad aumentare il costo del prodotto al dettaglio evita di comprarlo. “Siamo in guerra – dice il titolare del minimarket – nessuno dovrebbe speculare sulla vendita, soprattutto dei beni di prima necessità”.

Il telefono del minimarket squilla senza sosta. Alla sessantesima ordinazione il titolare ordina il primo pit-stop. Il dipendente che si occupa delle consegne non fa in tempo a rientrare, perché intanto il telefono ha ricominciato a squillare. Ci sono da assecondare le richieste, a volte bizzarre o inopportune, ai tempi della psicosi generale. Alla fine della giornata le consegne a domicilio saranno state 250, quattro volte quelle di un giorno normale. “Seppure è da tempo che non viviamo una giornata normale”, continua il negoziante.

Nel minimarket indossano tutti guanti e mascherine, ma come dappertutto non è facile reperirle. C’è un flacone di gel igienizzante. Il clima non è più quello di una volta. Non c’è tempo per la chiacchiera o la battuta, la distanza non aiuta. Il cliente che mi precedeva è uscito, ne entra un’altro. Massimo due per volta all’interno. Concentrazione estrema, anche per stare dietro a tutte le richieste.

Il commerciante non fa pagare il domicilio, non lo ha mai fatto nemmeno prima. “Stiamo facendo un grosso sforzo per reperire tutto il necessario ai prezzi di sempre – spiega ancora -. Quando la merce scarseggia solo un lievito di birra o due pacchi di farina per ciascun cliente”. Io ho potuto comprare al massimo 8 uova, in 24 ore ne erano state vendute mille e le galline non si capacitano di doverne fare di più.

Il titolare del minimarket invoca pazienza e chiede scusa quando la spesa arriva ben oltre l’ora di pranzo. “Un sacrificio per tutti – spiega – stare a casa è quello richiesto alla popolazione, che pensiamo noi a rifornire cercando di comprendere il momento economico particolarmente difficile. Sarà questo il vero problema passata l’emergenza coronavirus. E restando in tema di sacrifici, niente in confronto al lavoro incessante di medici, infermieri, soccorritori del 118 e tutto il personale degli ospedali, continuamente sotto stress. Ognuno deve fare il suo, con la speranza di buttarci quanto prima alle spalle questo momento drammatico”.