Una sigaretta elettronica riaccende la polemica sulla gestione della Sala Murat di Bari, uno degli spazi espositivi più ambiti della città.

La struttura è stata affidata per 12 anni a 8mila euro l’anno ad un privato, che come altri due aveva avanzato il suo interesse, partendo dall’assurda base d’asta di 5mila euro. Niente di personale dunque contro The Hub Bari s.r.l., a cui la Sala Murat è stata concessa fino al 2027. Per molti si tratta di concorrenza sleale e per di più favorita appunto dall’Amministrazione pubblica. Un caso emblematico venuto a galla varie volte, ma con una certa indignazione all’inizio di ottobre, in occasione della tre giorni organizzata da un noto marchio di sigarette elettroniche.

Cosa c’è di culturale, seppure si tratti di un affidamento nato nel nome del futuro Polo delle Arti Contemporanee, nella promozione di una sigaretta elettronica? Niente, ma a sentire i gestori si tratta solo di uno dei 5 asset dell’impresa culturale, quello che consente di fare stare in piedi tutto il resto.

Il fatto è che gli organizzatori dell’evento di promozione della sigaretta elettronica hanno scelto quel posto impareggiabile, preferendolo ad altri, gestiti da imprenditori che pagano fino a 10 volte quanto costa d’affitto la gestione della Sala Murat. Preventivo e location non avevano paragoni. La cosa non è andata giù al consigliere di maggioranza del Municipio 1, Giuseppe Corcelli. L’esponente cittadino del PD era in lista – sì, perché l’accesso era consentito solo su invito – e ha constatato la vendita della sigaretta elettronica e la scarsa valenza culturale della manifestazione. A scanso di equivoci va detto che il gestore agisce in autonomia.

Ma quanto costa affittare la Sala Murat per un evento di tre giorni? Le cifre variano, ma se la si vuole per 200 persone (ammesso che non si conoscono i dati reali sulla capienza dopo la ristrutturazione ad opera del Comune), compreso di le pulizie e per esempio dotata di un videoproiettore, occorrono 1500 euro al giorno, senza sedie e tavoli. Assolutamente concorrenziale, forse troppo. La cosa è finita sul tavolo della Commissione Cultura del Municipio 1. Gli assessori allo Sviluppo Economico, Carla Palone, ben a conoscenza della questione e la neo assessora alle Culture, Ines Pierucci, sono state chiamate a spiegare quali eventi il Comune avesse organizzato per Natale. In quell’occasione il consigliere Corcelli ha tirato fuori il problema, creando qualche imbarazzo tra gli amministratori.

L’assessore Pierucci si è detta d’accordo sull’esiguità di quell’affitto, ma l’affidamento è avvenuto quando il responsabile della Cultura era Silvio Maselli. La Pierucci ha annunciato in qualche modo l’impegno a occuparsi della questione, cercando di avere quanti più benefici per la comunità barese, sempre nell’abito della gestione pubblico-privata dello spazio. Polemica strumentale e non certo la prima a detta della società che si è aggiudicata la gara. L’attività commerciale a supporto di quella culturale è strategica per continuare a fare impresa a Bari, dove molto si sta facendo, ma dove al tempo stesso c’è un pubblico tutto da formare. Senza sigaretta elettronica ed altre promozioni non si sarebbero potuti ospitare artisti anche di fama internazionale.

Un esempio su tutti citato è quello degli 8 mesi di chiusura per lavori della Sala Murat. Fino alla riapertura del giugno scorso, nessuno dei due dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato è stato licenziato, essendo anche costretti a trasferire la mostra Puglia design store altrove, sopportandone le spese. Il dilemma tuttavia resta immutato: com’è possibile che il Comune abbia potuto stabilire in 5mila euro l’anno il minimo dell’affitto per la gestione della Sala Murat, quando in tanti quella cifra la pagano al mese per tenere in piedi le proprie attività del settore? Le ragioni sono molteplici e ognuna meritevole di approfondimento.