Sono anni che documentiamo la cisi, per certi versi mistica, dello stabilimento Bosch di Bari. Se volessimo ne racconteremmo una al giorno, anche a causa del lungo periodo di pennichella che ha colpito i sindacati. Del resto, promozioni e premi sono serviti a tenere la situazione a bada per un lungo periodo.

Nelle ultime settimane, per contrastare gli esuberi diagnosticati, è nato un nuovo reparto, con tanto di capo, senza avere tuttavia in dotazione neppure una scrivania. Il reparto è stato ribattezzato “zero”, forse a causa del totale ridimensionamento del personale che è stato selezionato per affollarlo.

Il ragionamento dell’azienda è abbastanza lineare. Visto che ci sono 80 esuberi certificati – per ora quelli – e che un’azienda esterna si occupa delle pulizie tecniche dei macchinari impiegati per la produzione, perché non dare pezze e prodotti in mano agli operai in modo da evitare loro il licenziamento? Il problema, a sentire qualcuno, sta proprio nella selezione.

Nel reparto zero, infatti, sarebbero finiti soprattutto dipendenti esentati per vari motivi o sgraditi, ovvero quelli che alzano un po’ più degli altri la testa per rivendicare diritti otre che mettersi supini a elargire doveri. E allora, spesso nel turno centrale, per evitare di pagare l’indennità prevista, gli operai vagano di reparto in reparto e si occupano delle pulizie dei macchinari, solo di quelle.

Tutte le altre sono ancora affidate ad una cooperativa esterna, non si sa fino a quando visto anche il benservito a chi finora si occupava dell’infermeria. Il dibattito è aperto, soprattutto dopo che l’azienda ha risposto formalmente a chi chiedeva del mancato accreditamento del premio di produzione.

In sostanza la cosa sta in questi termini: Bosch continua per la sua strada, quindi niente soldi in più, anzi per il momento sono sempre meno. Un tracollo lento, ma inesorabile senza un piano industriale certo, di cui si continuerà a parlare a Roma il prossimo 27 giugno.