Lo stabilimento Bosch di Bari vive da anni una situazione delicata, diventata drammatica per il declino del mercato dell’auto e anche a causa della superficialità con cui è stata trattata la vertenza in alcuni periodi. Gerhard Dambach, amministratore delegato di Bosch Italia, conferma quanto da noi annunciato da mesi, ovvero che al momento l’esubero del personale, circa 2mila unità, è del 20%. Nella nostra analisi avevamo raccontato nel dettaglio ciò che l’azienda proponeva per evitare il tracollo del più grande stabilimento in Italia: la riconversione.

Dambach rispondendo a un quotidiano locale ha imputato la crisi del settore a un paradosso. Nonostante il Governo abbia avviato gli Ecobonus e Ecotassa sull’acquisto delle macchine con la nuova tecnologia diesel, l’incertezza porta a non comprare, da qui il calo che ha interessato anche la Germania due anni fa. Secondo l’amministratore delegato quando gli italiani capiranno che queste nuove tecnologie inquinano di meno si avrà un cambio di rotta, ma al momento è lo stabilimento stesso che deve iniziare ad occuparsi di altro. “Senza inversione di marcia – spiega Dambach – gli esuberi saranno del 45%”.

“Roma ha confermato di volerci dare una mano, ora il primo obiettivo è che la Regione ci supporti”. L’amministratore delegato di Bosch Italia passa la patata bollente alla Regione Puglia senza il cui ulteriore investimento porterebbe a una crisi senza ritorno dello stabilimento Bosch di Bari, chiedendo anche di fermare la crociata contro il diesel.

La Bosch, per invertire la situazione, ha investito sulla parte industriale dell’oleodinamica e sulla produzione di e-bike, 28 milioni di euro dirottati diversamente rispetto alla previsioni del 2017. Se inizialmente erano per incrementare la produzione di nuovi impianti diesel, adesso potrebbero essere destinati al piano di riconversione in elettrico e ibrido oltre che alla formazione del personale.

Il fatto che a confermare la crisi non sia il Quotidiano Italiano ma lo stesso numero 1 di Bosch Italia rende ancora più deprecabile l’atteggiamento “strafottente” di un pezzo importante del sindacalismo barese, finora più attento ai vantaggi personali.