Il barone di Münchausen era noto per spararle grosse. Raccontava di un suo viaggio sulla luna, di una cavalcata su una palla di cannone e soprattutto di com’era uscito illeso dalle sabbie mobili in groppa al suo cavallo, afferrandosi per il suo codino. Insomma, di aver saltato più alto di se stesso. Un po’ come le imprese narrate in giro dall’attuale capo della Sanità pugliese, Giancarlo Ruscitti, chiamato da Emiliano a saltare più alto della classe politica che gli ha conferito l’incarico di mettere in ordine i conti della sanità, trascinando tutti nelle sabbie mobili di alcuni sprechi insensati, di tagli agli ospedali e alle cure dei malati, il tutto senza ascoltare gli attori della malconcia sanità regionale.

Al recente convegno organizzato dalla CGIL, Ruscitti dice cose che hanno scatenato le ire di medici, infermieri, autisti e soccorritori del 118, ascoltate grazie ad una registrazione audio dell’evento a cui ha preso parte anche il direttore generale della Asl di Bari, Vito Montanaro, senza gli addetti ai lavori.

Nella registrazione – che siamo in grado di farvi sentire – Ruscitti dice: […] “…è un sistema delirante perché… noi abbiamo persone di buona volontà… i quali però formalmente non sono preparati a gestire un’emergenza vera… (altrove) il paziente viene raccolto e trattato al momento della raccolta, trattato e a volte lasciato a domicilio oppure già trattato durante il trasferimento. Da noi questo raramente accade. E questo cosa significa? Che noi abbiamo una convergenza di persone che potrebbero non andare al 118 o persone che arrivano al pronto soccorso e che non vengono sbarellate, ma perché… perché a parte che non sono trattati c’è anche la convenienza e questo lo dico senza nessuna accusa, a non mettersi in moto un’altra volta, cioè rimango in attesa, mi tengo il paziente, sono lì perché piuttosto che tornare in un luogo insicuro che è la strada… che è la città.. che sono i paesi…rimangono al 118 […]”.

Nel coro degli unanimi dissensi nei confronti di Ruscitti, c’è anche la voce del dottor Francesco Papappicco, sindacalista della FSI 118.

LA DENUNCIA“Dodici anni di ambulanza e di pronto soccorso. Peccato che nessuno dei medici o infermieri destinatari degli apprezzamenti fossero presenti al meeting. C’è sempre da imparare e ammirare chi ha tanta esperienza se non fosse calunnioso e superficiale al limite del ridicolo quello che proferisce. Tipica consuetudine italiota da non smentire quella arrogante raillerie e ottuso persiflage così ben descritti da Leopardi due secoli orsono. Ai giorni nostri decisamente un progresso rispetto alla beffa d’antan tanto da definirne una moderna categoria estetica.

Ulteriore elemento irresistibilmente umoristico della faccenda è stato quello del consesso di spettatori plaudenti alla descrizione idealtipica che il dottor Ruscitti ha fatto di noi. Il fatto di mettere in opposizione un’interpretazione personale dei fatti e la trasformazione del sistema sanitario di emergenza territoriale suona insensata e offensiva perché logica vuole che non è possibile trasformare nulla se prima non lo si è conosciuto, in quanto se lo si fosse giudicato buono durante un’attenta interpretazione analitica, non bisognerebbe attaccarlo ma a limite ottimizzarlo, evitando di gettare il proverbiale bambino insieme all’acqua sporca.

Dottor Ruscitti, il suo mandato è quello di governare un settore delicato e fondamentale per la salute dei cittadini non quello di giudicare un’intera classe di professionisti. Il mio compito è quello di difendere l’operato e il ruolo indispensabile di medici e infermieri del 118 rivendicando come nostre prerogative inalienabili perizia, passione e dignità per il lavoro che svolgiamo.

La prossima volta usi la cortesia di incontrarci e di confrontarsi con chi sta in prima linea. Apprenderebbe che i fatti stanno esattamente al contrario di quanto probabilmente le è stato riferito. Bisognerà per questo ricordare alcuni temi apparentemente noti (ma il noto, appunto, non è mai realmente conosciuto).

Buona parte dei pazienti vengono trattati e assistiti a domicilio evitando ospedalizzazioni inutili; solo i casi meritevoli di ulteriori accertamenti e cure giungono in pronto soccorso; molte chiamate al 118 attengono a problematiche di disagio sociale o psichico, conflitti familiari, assistenza infermieristica; a lunghe prenotazioni per esami diagnostici che nell’immaginario comune si tenta di “anticipare” ricorrendo alla via preferenziale dell’improprio utilizzo del 118; richieste di assistenza e trasporto da case di cura, ospizi, centri di accoglienza e comunità; comorbilità geriatriche, solo per citarne alcune.

Come vede siamo incardinati in un sistema che ci “chiama” eticamente e professionalmente ad occuparci anche di queste fattispecie. Non siamo né perditempo né manovali da trasporto.

Scrivo con rammarico queste righe a difesa degli operatori del SEST 118 di fronte ad un “j’accuse” indiscriminato, preconcetto e gratuito. Ai suoi florilegi nei nostri confronti anteporrei fatti alle parole dove la stessa argomentazione convincente è un fatto sociale, non un dato retorico o propagandistico.

Agli uomini della “verità remunerata” preferiamo quelli dei fatti. Argomenti e fatti di cui non siamo responsabili sono per converso le chiusure dei PPI, le transumanze imposte dai percorsi IMA-SCA; l’inoperatività dell’emodinamica dell’Ospedale della Murgia; l’assenza di eliporti ed eliambulanze 118 per la rapida centralizzazione dei gravi traumatismi o di affezioni urgenti; le geologiche attese al Policlinico o al Miulli; l’assenza di protocolli operativi per gli infermieri; la gestione bicefala del 118 barese tra centrale operativa e coordinamento “ad interim”; lo sbandierato riordino della rete SEU che parte dal DGR. 1933/2016 (in verità dal 2009 i primi vani tentativi) e continua a vedere ad esempio sul mezzo catalogato “INDIA” di Gravina la figura del medico a bordo per la quale sarei personalmente un “abusivo”; il millantato “potenziamento del territorio” (non si sa con chi e cosa!) nelle sedi di chiusura dei PPI; la finta propaganda sulla carenza cronica di medici e infermieri di cui in verità ci sarebbe una pletora se solo si consentisse loro di essere stabilmente assunti; “piani di rientro” tesi a tagliare assistenza e prestazioni cui fanno da contraltare i lauti aumenti di stipendio annui a sei cifre per i manager aziendali, assiologicamente presumo, di recente passati in legge.

Non mi dilungherò oltre per non tediare chi legge ma questi sono fatti incontrovertibili. 
Per adaequatio rei et intellectus, sono un medico chirurgo, specializzato in reumatologia, in convenzione al SEST 118- ASL Bari e nel mio palmarès annovero qualche vita umana salvata, qualche battaglia per il diritto equo alla salute e in difesa di medici e operatori della sanità, due procedimenti disciplinari farlocchi intentati nei miei confronti (nessuna “coscienza infelice”), il Premio Internazionale per l’alto impegno sociale “Livatino-Saetta-Costa”. Certo nulla che a che fare con le imprese di chi – noblesse de robe – per vezzo si racconta come un redivivo barone di Münchausen.