Sul “tempo tuta” la Asl Bari non si dà per vinta. L’azienda sanitaria locale è infatti pronta a ricorrere in Cassazione sul riconoscimento dei tempi di vestizione e svestizione della divisa di lavoro degli operatori: una decisione che però rischia di rivelarsi un boomerang con ulteriori costi per l’azienda sanitaria a fronte di una sentenza forse scontata.

Riavvolgiamo un attimo il nastro. Sono 13 i dipendenti appartenenti al sindacato Usspi che si sono visti riconoscere, sia in primo grado che in appello, la retribuzione spettante per l’attività di vestizione e svestizione della divisa di lavoro, un totale di 20 minuti: 10 prima e 10 dopo il proprio turno.

Una doppia sentenza che potrebbe costare cara alla Asl Bari, condannata a risarcire 165mila euro a tredici operatori sociosanitari, ovvero il corrispettivo del tempo di vestizione e svestizione per ogni giorno di servizio effettivo dal 1995 a oggi, oltre al pagamento delle spese processuali.

La Asl Bari è quindi pronta a fare ricorso in Cassazione con tutti gli inevitabili costi. Questo nonostante ci siano da un lato decine di sentenze che hanno già riconosciuto l’indennità per la vestizione e svestizione degli operatori, dall’altro l’inserimento del “tempo tuta” anche nell’ultima ipotesi di contratto Nazionale del comparto Sanità, non ancora operativo perché sottoposto ad alcune modifiche dopo che è stato respinto dalla Corte dei Conti.

La cosa più assurda, però, è un’altra: l’indennità per i tempi di vestizione e svestizione è stata anche inserita e riconosciuta nell’ultimo regolamento dell’orario di servizio nella Asl Bari, firmato e sottoscritto, a Dicembre 2017, dai sindacati e dallo stesso Direttore Generale adesso Commisario straordinario, lo stesso che adesso punta alla Cassazione. Non sarebbe più saggio, oltre che più economico, trovare un accordo, anche per il tramite dei sindacati?