Solo poche settimane fa l’annuncio che Fercam aveva finalizzato l’acquisizione del gruppo Artoni, diventando così la più grande azienda a capitale italiano attiva nelle spedizioni, gestione di magazzini, logistica industriale e distribuzione delle merci. Ad appena pochi giorni di distanza il clima intorno all’operazione è già cambiato, in ballo c’è il destino di 170 dipendenti dell’azienda, su un organico di 560, e di altri 2500 dell’indotto. Persone, famiglie, non numeri. Anche Bari rischia grosso, probabilmente più di tutti, dal momento che la sede locale pare sia destinata a chiudere completamente.

Per tutti questi motivi, a livello nazionale è stata proclamata una giornata di sciopero per tutta la giornata di oggi a sostegno dell’accordo per l’acquisizione del ramo d’azienda. Semplificando la vicenda, inizialmente le due società sembravano aver trovato l’intesa per concretizzare l’operazione, in secondo momento, però, Fercam è venuta meno, sottraendosi all’esame congiunto si legge nel comunicato della FILT Cgil.

“L’ipotesi iniziale prospettata – spiega Michele Cafagna, del dipartimento merci e logistica Filt Cgil – prevedeva un periodo di incubazione lungo un anno e poi la cassa integrazione”, ipotesi a cui Fercam pare stia cercando ora di sottrarsi. Il sospetto neanche troppo velato è che adesso si preferisca far fallire Artoni per non doversi fare carico dei quasi 3mila lavoratori in bilico. Ecco perché i lavoratori hanno manifestato davanti a tutte le 39 filiali del gruppo.