I procedimenti disciplinari si sprecano, in qualche caso apparentemente per futili morivi, così come si sprecano le anomalie sulla gestione della solidarietà dello stabilimento Bosch di Bari. Abbiamo provato a parlare al telefono con Giuseppe Pappagallo, responsabile relazioni industriali e affari legali, ma il dirigente si è trincerato dietro la risposta di rito: “Deve parlare con l’ufficio stampa, da noi funziona così”.

Nemmeno una parola, quando abbiamo provato a chiedere la sua posizione in merito alla nostra inchiesta. “In Bosch abbiamo delle regole – spiega Pappagallo tagliando corto, evidentemente sorpreso dalla nostra telefonata – con i giornalisti parla l’ufficio stampa. Ora non la sento e per di più sono in officina con un gruppo di persone, ci aggiorniamo nel pomeriggio per dirle a chi può rivolgersi”.

Noi, però, è a Giuseppe Pappagallo che vorremmo chiedere quante ore lavorano i ventuno rsu di Cgil, Cisl e Uil all’interno della Bosch, con quali paghe orarie e se ci sono dei contratti specifici sottoscritti con l’azienda. A Pappagallo avremmo voluto chiedere come mai diversi operai sostengono di vedere poco e niente in produzione i sindacalisti, indipendentemente dal colore della bandiera sventolata durante i cortei dei metalmeccanici. Da Pappagallo avremmo voluto sapere perché si ricorre agli straordinari durante il periodo di solidarietà e che ragione c’è, essendo la Bosch in solidarietà, di tenere aperto lo stabilimento il 2 giugno, giorno festivo con tutto ciò che concerne a livello salariale. Perché quel giorno a fare lo straordinario sono stati capireparto e capisquadra col quinto o sesto livello, mentre dal giorno dopo è ripartita la solidarietà? Da Pappagallo, essendo dirigente aziendale e non avendo avuto numeri esatti dai sindacati, avremmo voluto sapere a quando ammontano gli esuberi e se davvero il Centro di ricerca che il mondo ci invidia, il Cvit (entità legale e amministrativa separata), sarà “armonizzato” alla produzione dopo l’allestimento della nuova palazzina.

Insomma, sono tante le domande che avremmo voluto fare e che prima o poi faremo al dottor Giuseppe Pappagallo. Le stesse che vorremmo rivolgere anche al capo del personale, Francesco Basile, inizialmente propenso a mettere sotto i sindacalisti, troppo impegnati con gli affari sindacali e meno in azienda. Senza contare, poi, la voglia di approfondire questa vicenda con tutti gli altri protagonisti.

Dopo le minacce e gli sputi, gli sfottò, gli insulti e le risposte poco convincenti rifilateci da alcuni sindacalisti, continua l’opera denigratoria di chi intende smontare la nostra inchiesta giornalistica. C’è chi sta tentando in tutti i modi di non far esplodere il bubbone, accusando il Quotidiano Italiano di una possibile revoca dell’ammortizzatore sociale prima della regolare scadenza prevista per l’anno prossimo. Apprendiamo che in azieda si mormora ancora di noi. Secondo quanto ci viene raccontato, gira voce che non saremmo più sul libro paga dell’Ugl, ma addirittura direttamente su quello della Bosch. Ci saremmo offerti per creare terrore all’interno dell’azienda. Chissà domani su quale libro paga saremo.

La verità è un’altra e le cose stanno diversamente, molto diversamente. Abbiamo solo raccolto il grido d’allarme di decine di operai sotto pressione. Si potrebbe magari iniziare facendo controlli più approfonditi e specifici in modo da accertare il livello da stress correlato. Ma questo è un altro capitolo della triste saga della Bosch di cui parleremo in seguito.