Niente da fare, il bando in scadenza questi giorni per la riassegnazione della gestione del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari-Palese non prevederà in nessun modo la clausola sociale. In attesa della risposta dall’Anticorruzione, che potrebbe arrivare entro sei mesi, il Prefetto del capoluogo barese ha deciso di non includere alcuna salvaguardia per i 161 dipendenti che operano nella struttura da ormai otto anni.

Le istituzioni hanno evidentemente deciso che la partita è chiusa. Non sono dello stesso avviso i dipendenti, pronti a vendere cara la pelle. La protesta dei giorni scorsi potrebbe essere stata solo la prima di una serie di manifestazioni plateali per la strenua difesa del posto di lavoro. I dubbi sollevati dai dipendenti sull’appalto restano tutti e nessuno ha dato finora risposte convincenti, se non la promessa di insistere sull’aggiudicatario per evitare un calcio nel sedere di gruppo.

Per molte famiglie lo stipendio non certo faraonico percepito per i servizi offerti all’interno del Cara rappresentano l’unica fonte di sostentamento. Non dovesse subentrare un’azienda “sensibile”, la situazione potrebbe davvero precipitare, lasciando decine e decine di famiglie sul lastrico. Non comprendiamo la chiusura totale delle istituzioni su questa faccenda, apparentemente risolvibile con il solo buon senso. Adesso non resta che aspettare la prossima mossa dei sindacati, che finora si sono mostrati compatti nel richiedere il rispetto di un diritto che sembrava sacrosanto e invece non lo è.