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Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita, ma quattro giornalisti freelance su 10 non prendono il becco di un quattrino (e non parliamo del nero che sfina ma non conta ndr.). Non solo, nel 2014 il 64,6 del lavoro giornalistico è stato autonomo. Sono i primi dati che emergono dal rapporto annuale sulla professione giornalistica a cura di Lsdi – Libertà di Stampa Diritto all’Informazione, che verrà presentato il prossimo 12 gennaio nella sala “Walter Tobagi” della Fnsi, a Roma.
“Il processo di progressiva contrazione del lavoro dipendente e la parallela crescita del peso del lavoro autonomo – osserva fra l’altro il Rapporto, giunto alla sesta edizione – continuano ad essere i tratti salienti dell’evoluzione della professione in Italia, come mostrano i dati dell’Inpgi e degli altri istituti di categoria relativi al 2014”. Dati che certificano un altro anno di profondo malessere, “che ha visto acutizzarsi – prosegue lo studio – la crisi della professione e dei suoi organismi e indebolirsi ulteriormente il ruolo di polarizzazione dei media tradizionali nel campo del lavoro subordinato”.
Certo, ancora troppo poco per trarre concluioni. Il presidente dell’FNSI, Raffaele Lorusso, spiega che: “Il parametro della professione non sono i 120mila iscriti all’Albo, ma i 55mila che hanno una posizione previdenziale. Il reddito zero lo ricavi se il campione è costituito da colleghi che negli anni passati avevano un reddito e si sono trovati a non averlo nel 2014, non certo tirando dentro tutti gli iscritti che un reddito non l’hanno mai avuto”. Indipendentemente dalla precisazione del presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, la situazione dei giornalisti è davvero nera.
“Il settore – precisa Lorusso – non è fuori dalla crisi, e non lo sarà fin quando gli indicatori non segneranno un’inversione di tendenza. Possiamo dire solo che la caduta libera si è arrestata, ma la ripresa non c’è. Gli sgravi messi in campo dal Governo hanno portato nel 2014 a circa 400 assunzioni (lavoro dipendente ndr.), a fronte dei circa 3mila posti persi nello stesso anni. Il saldo è ancora negativo purtroppo. Il mercato editoriale è in sofferenza, la pubblicità non si è ripresa. Il nostro è un settore che sconta l’assenza di interventi legislativi strutturali che possano equilibrare il mercato. L’Italia, infatti, è ancora un’eccezione europea per quanto riguarda lo sbilanciamento pubblicitario. Non ci sono ancora tetti alla raccolata televisiva per radio e televisioni”.
Nelle ore in cui Checco Zalone ha riportato il dibattito nazionale sull’aspirazione del posto fisso, i giornalisti devono abituarsi a sgomitare e a pensare di rivedere il proprio modo di vedere il mestiere. “Stiamo cercando di portate nell’area del lavoro dipendente – continua Lorusso – quanti più colleghi possibile, anche pensando a forme atipiche di collaborazione, sia pure immaginando nuove qualifiche occupazionali”. Per insaccare all’interno del lavoro dipendente il maggior numero di giornalisti si prova a rivedere qualifiche, tentando di  non incidere sui costi delle aziende. Tanto per non scontentare nessuno. È la sfida della fase contrattuale in atto. Tutto bene, purché i giornalisti continuino a fare i giornalisti. Di storie assurde e di tozzi di pane scambiati per salari ne è pieno il mondo.