Continua a tenere banco la vicenda Natuzzi, leader del settore salotti da tempo interessata da una profonda crisi. Le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi alla stampa dal presidente dell’azienda sulla questione degli esuberi ha mandato su tutte le furie l’Unione Sindacale di Base, contraria agli accordi firmati dagli altri sindacati, senza però garanzie a salvaguardia dei lavoratori, sostiene l’USB, nonostante la montagna di soldi pubblici in arrivo dalle regioni Puglia e Basilicata, si parla di oltre 37 milioni di euro. Cosa altrettanto grave, la convocazione di un incontro il prossimo 21 gennaio, ma solo con i sindacati che quegli accordi li hanno firmati, escludendo quindi l’USB.

Il sindacato, che diffuso un comunicato stampa per denunciare tutto questo, non esclude possibili manifestazioni di protesta. Questo il testo del comunicato.

L’Unione Sindacale di Base Lavoro Privato Puglia non è rimasta affatto sorpresa nell’apprendere che il Presidente della Natuzzi Spa ha specificato che “il percorso di gestione degli esuberi è quello definito all’interno degli accordi sindacali del 3 marzo e del 14 ottobre 2015”. Pertanto, è bene chiarire che l’azienda Natuzzi in primis pretende il rispetto di quanto già sottoscritto con istituzioni e sindacati complici.

Viceversa, l’USB, che quegli accordi non li ha mai firmati, li contesta alla radice e assume una posizione aspramente critica verso le modalità con cui MISE, Regione Puglia e Regione Basilicata hanno stanziato ingenti fondi pubblici a favore dell’azienda in causa, senza richiedere da quest’ultima l’impegno a non licenziare nell’immediato. Tale posizione deriva da un’accurata analisi che l’USB Lavoro Privato ha fatto dei sopra citati atti e da una successiva deduzione di semplice buon senso che ne è conseguita, per cui sembra sia proprio il caso di dire “piove sempre sul bagnato”: alla Natuzzi arrivano altri soldi pubblici, mentre per i lavoratori sono ancora botte da orbi.

Infatti, alla Natuzzi, che si impegna a salvaguardare solo una parte dei suoi dipendenti e per giunta scegliendosi chi considera compatibile con le proprie esigenze tecnico-produttive, si danno 37,2 milioni di euro provenienti dalle tasche dei contribuenti. Mentre, 365 lavoratori vengono indicati come esuberi, ritenuti non meritevoli del Contratto di Solidarietà alla pari dei 1918 loro colleghi, trasferiti a loro insaputa presso lo stabilimento di Ginosa e, nello stesso momento, collocati in Cigs a zero ore per cessazione attività produttiva, dato che lo stesso sito è chiuso da più di un anno.

Inoltre, sarebbe opportuno soffermarsi sul futuro lavorativo che i soggetti firmatari stanno preservando per i 365 malcapitati. Ogni esiliato a Ginosa potrebbe essere riassunto presso una nuova e sconosciuta Società, tuttavia, occorre precisare che il lavoratore, essendo un neoassunto, partirebbe con un salario d’ingresso, perdendo gli avanzamenti retributivi acquisiti presso la Natuzzi. Va anche aggiunto che, stando alle vigenti disposizioni di legge, il nuovo rapporto di lavoro si realizzerebbe con il Contratto a tutele crescenti (come previsto dalla L.183/2014 e succ. D. Lgs. 23/2015, meglio conosciuti come Jobs Act) e quindi, con il rischio di un precoce licenziamento individuale, motivato da un generico carattere economico. A quel punto l’ex dipendente Natuzzi avrebbe perso, oltre al lavoro, il diritto di essere reintegrato come previsto dal famoso Art. 18 della L.300/1970.

Ma non è finita qui, lo stesso lavoratore con ogni probabilità si troverebbe a non percepire nessun ammortizzatore sociale. Infatti, a seguito dell’emanazione del D. Lgs. 22/2015 (recante disposizioni in merito alla Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è previsto che il lavoratore che rimane disoccupato può richiedere di percepire la Naspi, ma deve vantare una serie di requisiti, tipo far valere almeno 13 settimane di contributi lavorativi maturati nei 4 anni precedenti la data dell’avvenuto licenziamento e, congiuntamente, certificare 30 giornate di lavoro nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Sia chiaro che la legge dispone che i contributi versati devono essere effettivi, dunque non valgono quelli figurativi derivanti dalla collocazione in Cigs. Pertanto, considerato che, generalmente, i ginosini negli ultimi anni non hanno svolto lavoro effettivo, ma sono stati costretti a restare a casa perché cassintegrati a zero ore, nel caso fossero riassunti da una New Co. ma poi licenziati dopo pochi mesi, si troverebbero nella miseria più nera, senza nessun sussidio al reddito.

In conclusione, l’USB ritiene che chi sta operando affinché i lavoratori del sito di Ginosa vengano ricollocati all’esterno della Natuzzi, stia commettendo un atto di inaccettabile e profonda ingiustizia sociale. In quanto, tale operazione fa incassare ai soliti noti un cospicuo bottino di soldi pubblici, viceversa, i lavoratori se sono fortunati subiranno un ingente perdita di retribuzione e diritti, altrimenti si ritroveranno senza lavoro e senza il becco di un quattrino. Pertanto, è indispensabile che tutti i dipendenti Natuzzi, uniti e solidali tra loro, siano essi cassintegrati o lavoratori in produzione prossime vittime sacrificali, non desistano ma intensifichino la lotta che hanno avviato fino al reintegro in produzione da parte della Natuzzi Spa.

Infine, l’USB esprime profondo dissenso e sconcerto per la scelta compiuta da parte del “Comitato Regionale Monitoraggio Sistema Economico Produttivo e delle Aree in Crisi”, il quale ha organizzato un incontro avente ad oggetto la Vertenza Natuzzi per il prossimo 21 gennaio presso la Regione Puglia, ma per l’occasione ha invitato soltanto i sindacati acquiescenti, escludendo dal tavolo l’USB, ovvero, l’unica organizzazione sindacale che negli ultimi tempi sta rappresentando il disagio e l’indignazione dei lavoratori.

Non si escludono manifestazioni di protesta, contro questo ennesimo atto di ostracismo verso ogni pensiero critico e poco conforme ai potentati di qualsiasi genere.
Unione Sindacale di Base Lavoro Privato Puglia