Ad annunciarlo, durante l’audizione in Commissione Agricoltura a Montecitorio lo scorso novembre, furono il Commissario straordinario INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria) Giovanni Cannata e il Presidente del CRA (Consiglio della Ricerca e la sperimentazione in agricoltura) Giuseppe Alonso. A sancirlo, definitivamente, giunge ora la relazione del responsabile dell’accorpamento, dottor Parlato, che ha dato vita al coacervo CREA, così come previsto dall’art. 32 della Legge di Stabilità 2015 fortemente voluta dal premier Renzi.

In Puglia, i centri di ricerca passeranno da 7 a 3:  chiusura per Lecce, Barletta ed una sede di Foggia, rimarranno in vita il VEN (viticoltura ed enologia) a Turi (BA), il RNC (gestione delle risorse naturali e lo studio dei cambiamenti climatici) a Bari e il CCI (cerealicoltura e colture industriali) a Foggia. Ancor peggio per la Basilicata dove, dalle 4 sedi esistenti, ne rimarrà in piedi solamente una: ovvero il centro di ricerca per la zootecnica di Bella (PZ).

Un accorpamento che rischia di mettere a repentaglio la ricerca pubblica in agricoltura. Lo dicemmo oltre otto mesi fa e del resto bastava ascoltare le parole di chi, come il commissario INEA Cannata, ha cercato di risanare un ente spolpato e fortemente indebitato o come il suo collega Alonso del CRA, il quale già allora ipotizzava uno scenario negativo per i ricercatori nel settore agroalimentare – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – Ora che inizia a prendere forma il piano triennale richiesto dal Ministro Martina al commissario Parlato, iniziano a delinearsi concretamente quei pericoli che paventavamo a novembre 2014”.

Secondo la bozza di riordino degli enti, infatti, i centri di ricerca saranno ridotti dagli originali 47 ad appena 12. “E nel piano non vi è traccia della ricerca in economia agraria – commenta L’Abbate (M5S) – Dopo i tagli al fondo per i carburanti, l’imposizione dell’IVA sotto i 7.000 euro di reddito e l’apposizione dell’IMU agricola, Matteo Renzi continua la sua opera di smantellamento del primo settore, proprio nell’anno dell’Expo che avrebbe dovuto porre l’agroalimentare italiano al centro del dibattito pubblico mondiale. Non ci stancheremo mai di ripetere che, senza ricerca, l’agricoltura non ha futuro”.