Riceviamo e pubblichiamo una nota del Segretario Generale Fisascat-Cisl Bari, Giuseppe Boccuzzi, in merito al Jobs Act voluto dal Governo Renzi. Un’analisi su tutte le norme che accompagnano questa idea di occupazione, che a quanto pare, potrebbero pesare gravosamente sui costi vivi che devono sostenere i datori di lavoro. Inoltre, tra decreti legge, decreti legislativi, provvedimenti e chi più ne ha più ne metta, troppe sono le regole che disciplinano la giungla del mondo dell’occupazione. A parlarne è proprio Giuseppe Boccuzzi, nella speranza che possa essere fatta chiarezza nel lacunoso mondo delle assunzioni.

«Siamo ormai pericolosamente sul crinale di un Paese che si avvicina con una rapidità allarmante a quella che gli operatori di borsa definirebbero “soglia psicologica”, ossia i tre milioni e mezzo di disoccupati.

I tentativi della politica in questi ultimi 4 anni (dal 2011) sono stati frenetici e a tratti compulsivi nel tentativo di approntare strumenti che potessero determinare un’inversione di un trend dei disoccupati ormai cronicamente al rialzo: in linea con i tempi e con le “mode” si infila il Jobs Act, terzo tentativo di riforma di quest’ultimo quadriennio, con l’ovvia conseguenza di moltiplicare in maniera esponenziale la già fittissima giungla “vietnamita” delle regole e delle norme insistenti sul mercato del lavoro.

È paradossale che in un Paese che vede un giovane su due senza lavoro, il 60% delle giovani donne meridionali prive di occupazione (a Bari e Napoli l’80%) ed un tasso di disoccupazione ben oltre il 13% a livello nazionale ma oltre il 20% nel Mezzogiorno, ci si possa ancora permettere di avere nel proprio panorama legislativo un contenitore di norme incentivanti assunzioni dalle differenti tipologie e per le più svariate categorie di lavoratori che sia composto da 10 leggi nazionali (407/90, 223/91, 317/91, 236/93, 449/97, 183/2011, 92/2012, 134/2012, 99/2013, 78/2014); 3 decreti legislativi (151/2001, 276/2003,167/2011); 3 decreti legge (148/93, 83/2012, 76/2013); 2 decreti direttoriali (19/4/2013, 8/8/2014); un provvedimento del Direttore della Agenzia delle Entrate (22/3/2007); 2 programmi nazionali (garanzia giovani ed il programma nazionale di incentivo per l’assunzione con contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca e di assunzione di dottori di ricerca): tutto ciò senza mezzi termini, appare sconcertante per le difficoltà causate agli operatori economici nell’orientarsi per l’utilizzo più conveniente e più semplice di questi strumenti, che ovviamente sono corredati da una moltitudine di circolari applicative ed interpretative.

Cosa fa il buon Governo Renzi? Si appresta ad introdurre una nuova norma, con l’appena approvata legge di stabilità 2015, che andrà ad aggiungersi quale ulteriore strumento per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato con l’apparente positività di non aggiungersi al numero preesistente ma di sostituirsi con un’altra misura ossia la legge 407/90, che rappresentava da un quarto di secolo la migliore misura incentivante le assunzioni a tempo indeterminato dei disoccupati da oltre 24 mesi(tra cui ovviamente molti giovani), soprattutto al Sud, o di lavoratori in CIGS a zero ore da un uguale periodo, con 36 mesi di sgravio contributivo totale, che viene scandalosamente soppressa per sempre e sostituita da una misura temporanea ossia proprio il citato bonus Renzi che durerà solo fino al 31/12/2015 pur esplicando i propri effetti nel triennio successivo.

Non passi inosservato il peggioramento delle condizioni per un imprenditore che voglia assumere un dipendente a tempo indeterminato nelle regioni del Sud. Infatti ipotizzando una retribuzione lorda di 19.600 euro, con il bonus Renzi il risparmio ammonterebbe a 6052 euro l’anno (esclusivamente per l’azzeramento dei contributi Inps), con la legge 407/90 il risparmio ammonterebbe a 8600 all’anno (6052 di risparmio dei contributi Inps e 2548 di contributi Inail). L’auspicio che il Sindacato  e soprattutto qualche politico del Sud che abbia ancora a cuore le sorti di questo flagellato pezzo d’Italia, possano determinare un ripensamento da parte del Governo e della maggioranza, equiparando durata ed entità tra le due leggi (bonus Renzi e legge 407/90) oppure introducendo nei prossimi decreti attuativi del Jobs Act una norma specifica per le assunzioni al Sud che sia maggiormente meno onerosa per i datori in termini di costo.

Allora sarebbe da chiedersi se non fosse stato meglio forse aspettare l’attuazione di una delle cinque deleghe del Jobs Act ossia quella dei Servizi per il lavoro e politiche attive che vede tra i  criteri direttivi di esercizio della stessa delega proprio il riordino degli incentivi all’occupazione, prima di affastellarsi a riempire il “cestino della frutta” con un’altra ciliegina per addolcire il palato degli uffici ministeriali e dei loro sherpa delle leggi e delle circolari,  ma lasciando sempre a digiuno qualche milione di giovani disoccupati e a secco il mercato del lavoro, che tornerà ad essere effervescente in questo Paese solo quando si smetterà di “stressarlo” con continue modifiche legislative ed ideologiche».