Non abbiamo mai avuto un buon rapporto con don Francesco Preite, il parroco del Redentore, pur apprezzando in generale lo sforzo fatto per cercare di recuperare i ragazzi difficili del quartiere.

Siamo convinti che il mancato feeling – del resto non si può essere simpatici a chiunque – sia reciproco e questo in ogni caso non ci rattrista. Ognuno fa il suo lavoro, che per certi versi in entrambi i casi è una vocazione.

Il concerto del cantante neomelodico Andrea Zeta, che abbiamo invitato a rilasciare un’intervista, ha scatenato il putiferio. Come ovvio la condanna del sindaco di Bari, Antonio Decaro, e pure alcune dichiarazioni proprio di don Francesco Preite.

“Quelle immagini ci dicono che le istituzioni e la società civile devono fare molto di più e investire sui ragazzi dei quartieri popolari – ha detto – per creare una cultura diversa da quella subcultura rappresentata dalla musica neomelodica”.

Il sacerdote dice molto altro e in buonissima parte condividiamo il suo pensiero, ma siamo andati a cercarlo per chiedergli di parlare con noi non solo di quanto successo recentemente, non solo delle numerose serenate o pre comunioni e persino pre battesimi neomelodici, ma soprattutto di quanto accade sul sagrato della chiesa e nella piazza antistante.

Fermo restando che il Redentore non è il centro dell’universo, tanti parroci stanno facendo un grande lavoro silenzioso e costante. Non lo abbiamo trovato, ma restiamo disponibili a un confronto sui contenuti, se volessero anche con le tante associazioni che si occupano di sostenere iniziative che favoriscano inclusione e recupero.

È vero, la società civile e le istituzioni devono fare molto di più e investire nei ragazzi dei quartieri popolari. È però altrettanto vero che anche la chiesa, la sua chiesa, potrebbe fare molto di più rispetto a quanto già non faccia.

Per una serie di motivi di natura affettiva, politica o semplicemente per la credibilità del sacerdote, il Redentore è stato al centro delle attenzioni delle istituzioni locali, ma evidentemente questo non basta, almeno a guardare cosa succede appena fuori la chiesa, sotto gli occhi di tutti.

E non parliamo delle gare con le moto, delle impennate coi monopattini, degli atti vandalici o degli stupidi e a volte violenti scherzi nei confronti dei passanti. Ci riferiamo ai fuochi pirotecnici, alle auto super lussuose, alle colonne sonore di matrimoni, comunioni e altri sacramenti.

La libertà è sacrosanta, ma almeno in quelle circostanze bisognerebbe pretendere sobrietà, se non altro fuori dalla casa del Signore. Sarebbe di sicuro un segnale importante nel tentativo di intaccare il Gomorra style, quella subcultura del neomelodismo tanto criticata, a detta di qualcuno il male supremo.