In questi dieci anni abbiamo rilanciato decine di appelli, richieste di denaro per cure assicurare cure e apparecchiature sanitarie. Nelle ultime settimane siamo stati inondati di richieste: aiutate Melissa a guarire dalla SMA1 (Atrofia muscolare spinale prossimale di tipo 1). Rilanciate l’appello dei suoi genitori.

Ieri siamo andati a intervistare la nonna della piccola Melissa. Una storia di quelle che ti stringono il cuore. Una famiglia disperata, che attraverso una raccolta fondi cerca di dare alla piccolina una speranza. In tanti stanno contribuendo e speriamo che chiunque continui a donare quanto è nelle loro disponibilità. Sì, perché se Melissa dovesse essere trattata gratuitamente con il Zolgensma, medicinale americano in fase di sperimentazione, con un costo di 2,1 milioni di dollari, tutti i soldi raccolti finora saranno comunque destinati ad altre realtà che meritano aiuto. Di questo ne siamo più che certi, soprattutto dopo aver ascoltato la nonna della bambina.

Accanto alle tante invocazioni, però, siamo stati raggiunti da altri messaggi. Chi scrive sono anche mamme e papà mai domi, che da anni lottano nella speranza di vedere migliorare le condizioni di figli ai quali è stata diagnosticata, purtroppo spesso con ritardo, uno dei diversi tipi di SMA. Non sappiamo se le sacrosante ragioni del cuore e quelle della scienza possano trovare una sintesi, ma la cosa che appare evidente è che Melissa difficilmente potrà tornare a essere una bimba sana come lo si intende nell’immaginario collettivo, pur assumendo la terapia a base di Zolgensma.

La piccola di 8 mesi, lo ricordiamo, in attesa di sapere cosa succederà, viene comunque trattata con il medicinale più efficace che oggi si conosca. Sulla storia di Melissa e sugli appelli della sua famiglia, giustamente aggrappata a tutto ciò che in qualsiasi modo possa  permetterle di sperare in un futuro migliore, è intervenuto il Comitato Scientifico interpellato dall’associazione Famiglie SMA.

Il comunicato pubblicato sul sito internet ufficiale dell’associazione precisa alcune considerazioni sulla malattia e sulle terapie in essere, calcolando che lo stesso Zolgensma è risutato efficace quando la patologia è stata diagnosticata subito dopo la nascita, in seguito a uno screening neonatale. Una prassi che l’associazione Famiglie Sma sta promuovendo intanto nel Lazio e in Toscana, nell’attesa che possa diventare routine in tutta Italia. La situazione è delicatissima. Il caso di Melissa ha sollevato molta attenzione anche tra tutte le altre famiglie che anelano da tempo ad ottenere l’uso off-label del Zolgensma.

“Non esiste al momento nessuna evidenza scientifica riportata in letteratura sull’impiego della terapia genica in bambini che abbiano già compiuto 6 mesi di età”, scrive il Comitato Scientifico dell’associazione -. Tutte le terapie attualmente approvate per la SMA danno lo stesso risultato biologico: evitare che si perdano progressivamente le unità motorie. Tali unità motorie costituite da motoneurone e muscolo a lui afferente, rappresentano l’elemento essenziale che si perde nella malattia SMA e tutte le terapie approvate hanno dato dimostrazione di poter salvare queste unità motorie mentre queste terapie (Zolgensma ndr.) non sono in grado di restituire le unità motorie già perse”.

Tra la speranza e le ragioni del cuore, ci sono dunque i livelli della ricerca, che va incentivata e sostenuta senza tentennamenti in ogni caso. “Sulla base della nostra esperienza nel trial clinico, che ci ha visto come il centro con il numero di bambini reclutati più alto in Europa – si legge ancora -, non abbiamo grossi elementi per pensare che Zolgensma possa avere un valore addizionale rispetto alla terapia esistente”. 

Il problema principale nel dramma di Melissa sta proprio nella mancata diagnosi entro i 6 mesi. “La nostra esperienza in bambini al di sotto dei 6 mesi trattati con Zolgensma che partivano con dei sintomi importanti al momento di inizio terapia hanno un decorso diverso dai dati pubblicati in bambini con minori segni clinici, cosi come osservato con Spinraza (l’attuale terapia in corso ndr.)”. 

Ma cosa è stato osservato? “In entrambi i casi i farmaci mostrano una maggiore efficacia dopo alcuni mesi dalla prima somministrazione e i risultati risentono del fatto che si è intervenuti in una fase conclamata di malattia rispetto ai risultati ottenuti nei bambini più piccoli e con meno sintomi i cui video circolano su Internet”. In sostanza, se i bambini mostrano ormai i sintomi evidenti della SMA, i risultati non sono stati particolarmente apprezzabili. Il Comitato Scientifico è poi intervenuto proprio sui video in cui vengono ripresi bambini trattati con il Zolgensma fin dalla tenerissima età.

Purtroppo, la diffusione dei video di questi bambini trattati precocemente ed in buone condizioni, che ottengono splendidi risultati creano false aspettative in famiglie con bambini in situazioni cliniche diverse e ci ritroviamo spesso a dover ridimensionare le aspettative ed i sogni di famiglie con bimbi con un quadro clinico più grave. In questi casi è stato estremamente importante aderire agli standard di cura dal punto di vista respiratorio e nutrizionale per aiutare ad affrontare gli importanti segni clinici visto che sia Zolgensma che Spinraza non riescono a risolvere i problemi clinici esistenti in questi ambiti soprattutto nei primi mesi in seguito alla somministrazione”.

 La stessa famiglia di Melissa chiede che si faccia in fretta, consapevole che il tempo è nemico della sperimentazione. “In letteratura non esiste nessun dato sulla safety nei bambini oltre i 6 mesi e in Italia anche l’uso tramite legge 648 prevede solo la somministrazione in bambini entro quei limiti di età”, spiega il Comitato Scientifico. Le complicanze sono notevoli anche sotto altri aspetti. “Una eventuale terapia (con Zolgensma ndr.) richiederebbe quindi anche la responsabilità di somministrare un farmaco off label di cui non c’è ancora da parte di AIFA una indicazione di possibile somministrazione in bambini più grandi di 6 mesi. Ci auguriamo che queste indicazioni siano ottenute nei prossimi mesi con l’approvazione del farmaco. Al momento queste indicazioni non sono disponibili ed una eventuale somministrazione off label esporrebbe la famiglia ed il prescrittore a prendersi una responsabilità basata su esperienze aneddotiche negli Stati Uniti e non su letteratura scientifica o indicazioni dell’ente regolatorio nazionale”. 

Ci siamo immedesimati tutti in Melissa e nei suoi genitori, per questo siamo convinti che si debba continuare a donare, se non altro perché speriamo che la bimba di Monopoli possa rientrare gratuitamente nella sperimentazione del farmaco agognato se questo è ciò che desiderano per loro mamma e papà, ma anche perché i soldi raccolti finiranno comunque per alimentare altri nobili cause.

Per questi motivi – conclude il Comitato Scientifico – nonostante la comprensione nei confronti delle famiglie che vorrebbero provare tutto il possibile, per la mancanza di dati pubblicati su Zolgensma e per il fatto che sono disponibili altri trattamenti (Spinraza) per il quale, al contrario, esiste un’ampia letteratura che ne riporta l’efficacia e la safety a lungo termine in bambini di tutte le età, abbiamo grosse esitazioni al momento a prescrivere la terapia con Zolgensma anche perché questo solleverebbe anche il problema se continuare o meno il trattamento con Spinraza, in assenza di dati disponibili sulla sicurezza ed efficacia di una terapia combinata tra i due farmaci. Chiaramente il tutto potrà essere ridiscusso nel momento in cui AIFA dovesse dare indicazioni diverse sulla safety e sulle fasce d’età e, idealmente, anche sulla possibilità di combinare le due terapie”.