La storia dei banchi rotanti e delle alabarde spaziali alla Mazinga Z è la solita arma di distrazione di massa in un Paese che non riesce a dare regole inequivocabili, per poi punire in maniera altrettanto diretta chi non le rispetta. I veri problemi relativi al contenimento del virus sono ben altri e riguardano l’autonomia scolastica e quella curiosa interpretazione che viene data dai singoli dirigenti scolastici.

Ogni istituto, infatti, è una repubblica a se stante, con spazi, regole e circolari singole e a volte del tutto singolari. A poche ore dal suono della prima campanella c’è una frase che aleggia in ogni scuola, tra le mura di ogni casa d’Italia, dalla Val d’Aosta alla Sicilia: “Mio figlio ha il muco”. Sì, vostro figlio ha il muco e allora sì che saranno fatti vostri. Cambia tutto, persino nella stessa provincia.

Un dirigente scolastico dice: “Se vostro figlio ha il muco dovete tenerlo a casa siate responsabili”. L’altro replica: “Il muco da solo non è un sintomo Covid, se un bambino è asmatico e ha la rinite, per esempio, non accadrà nulla. Solo se il muco è accompagnato da febbre oltre i 37.5 e si presenta anche la tosse, l’alunno viene accompagnato in aula covid, assistito dal personale scolastico e viene chiamata la famiglia”.

La famiglia, ancora una volta tutto il peso di questa schizofrenia è riversato sulle famiglie, col rischio di schiacciare quelle sole. Mamme e papà dovranno trovare il modo per riuscire a non farsi licenziare. “Ma se mio figlio ha il muco, devo tenere a casa anche il fratello più grande?”. Anche in questo caso la risposta dei dirigenti scolastici varia a seconda delle interpretazioni. “Certo, per precauzione deve tenerlo a casa”, ma non tutti sono dello stesso parere: “Se il muco del piccolo è un normale raffreddore non serve”.

Ma chi lo decide? Il pediatra. Secondo alcuni dirigenti scolastici i pediatri dovranno certificare il rientro a scuola in sicurezza. Qui casca l’asino. Ci sono dirigenti scolastici che hanno fatto sapere di volere il certificato per il rientro a scuola anche se l’assenza è, per esempio, dovuta a un battesimo, una comunione, una gita di famiglia e della durata inferiore ai 5 giorni. “Non esageriamo – dicono altri capi d’istituto – non ci dobbiamo far prendere dal panico, ma soprattutto bisognerà fidarsi reciprocamente”.

Il controllo della temperatura spetta la mattina ai genitori, che dovranno firmare un’autocertificazione, ma in altri istituti la misureranno “a campione”, seppure un campione molto ampio per aggirare l’effetto Piemonte. I bambini dovranno entrare in fasce di orario prestabilite e nelle famiglie in cui ci sono tre figli in età scolare, c’è bisogno a tutti i costi di nonni e babysitter per evitare di perdere il lavoro, il cui stipendio sarà necessariamente destinato al sovvenzionamento delle soluzioni alternative.

Quali aziende saranno disposte a riallargare le maglie dopo quanto successo, o meglio non successo, durante il lockdown? E se il contagio si dovesse trasmettere per l’inadeguatezza delle pulizie previste negli istituti? Ci sono scuole che ai dipendenti forniscono guanti, mascherine, visiere e persino strumenti specifici per l’igienizzazione, mentre altri dirigenti scolastici hanno il braccino corto persino nella fornitura dei normali detergenti e confondono la sanificazione degli ambianti con una spruzzata di sgrassatore.

Il muco indiscriminato potrebbe fare persino più danni dei sintomi evidenti. Nel caso in cui venga chiamata perché il figlio ha sintomi ed è stato trasferito nella cosiddetta aula Covid, la famiglia dovrà recarsi dal medico curante e farsi attestare che il bambino non ha nulla per tornare a scuola. E in questo caso cosa succederà? I medici si prenderanno la briga di stabilire senza l’esecuzione del tampone che quei sintomi sono frutto di un male di stagione o di altra infezione?

Anche in questo caso per il rientro a scuola ci vorrà del tempo, isolamento e certificati da consegnare al datore di lavoro, in attesa che il Governo stabilisca congedi straordinari o altre forme di astensione giustificata e remunerata. Le diverse interpretazioni nella gestione del problema potrebbe avere pesanti ripercussioni sulle famiglie e solo il tempo dirà quanto inciderà a livello psicologico ed economico.

Ci sono così tante incognite che non basterebbe un trattato per enunciarle tutte. Chiudiamo con la perplessità di Gianni Verga, segretario generale della Uil Scuola. “C’è un problema non trascurabile relativo ai lavoratori fragili – spiega Verga -. Non ci sarà il tempo e il personale medico sufficiente per valutare le loro diverse condizioni e non sappiamo se e in che modo saranno sostituiti. Per quanto riguarda l’organico aggiuntivo, invece, attendiamo di conoscere l’entità delle risorse finanziarie da destinare a ciascuna scuola, ma dai nostri calcoli non saranno assolutamente insufficienti. Solidarizziamo con il personale scolastico e i genitori del Liceo di Bisceglie, che hanno protestato rispetto alla decisione del preside di attivare i doppi turni sino alle 19 di sera. Le mascherine stanno arrivando a singhiozzo e dei banchi neanche l’ombra. Infine, ci preoccupano i numerosi posti ancora vacanti benché gli uffici scolastici territoriali stiano lavorando a tambur battente”.