Sghignazzano perché sono in quattro, si sentono forti. Un agente schiaccia ad uno di loro il piede per sbaglio mentre sta lavorando. I quattro si sono messi dove non avrebbero potuto, intralciando l’intervento della Polizia Locale, che deridono continuamente e sfidano. Tutto il resto degli astanti si limita a guardare. Un altro agente li tiene a bada intimando di allontanarsi. Il giornalista a quel punto avvicina il responsabile dell’operazione per chiedere delucidazioni. Vuole solo sapere se l’anziano sarà multato e se la licenza che il pescatore ha mostrato consente di vendere il pesce trascinando il carrello per le strade del Libertà.

Il giornalista, del resto, col pescatore aveva già parlato, facendosi spiegare le sue ragioni. Il responsabile dell’operazione chiarisce che l’intento non è accanirsi contro il pescatore. Ma in quel modo il pesce proprio non lo si può vendere: condizioni igieniche precarie, nessun rispetto per le leggi sul commercio e poi la mancanza della necessaria autorizzazione.

L’anziano viene fatto accomodare con educazione in una delle auto intervenute in modo da raggiungere il comando ed essere identificato e multato. Mentre il giornalista si mette in sella allo scooter per andare via, i quattro, sempre uniti per sentirsi più forti, lo deridono: “Ti sei messo d’accordo con quegli infami (Polizia Locale ndr.), sei infame e cornuto anche tu”. Il cronista è abituato all’offesa.

Una passante ascolta tutto e invita il giornalista a non reagire, anche perché i quattro si fermano in un locale poco distante e raggiungono altri bulli. Bari è condannata ad essere per sempre ciò che è a causa dei suoi abitanti, certi suoi abitanti. Per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno, soprattutto perché “nessuno” non fa altro che girare la testa dall’altra parte, invece di unirsi per rivendicare rispetto e civiltà.

Quei quattro bulli sono disorientati, perché non sanno nemmeno cosa sia giusto o sbagliato. Del resto blitz e controlli occasionali danno l’errata impressione di un accanimento verso questo o quell’abusivo, questa o quella categoria di abusivi. Non sembra esserci una visione complessiva, che a quei bulli permetta di avere la certezza che chi vende orecchiette e sgagliozze a turisti, politici e rappresentanti delle Forze dell’Ordine, valga esattamente quanto i pescatori di n’ dèrre a la lanze o a chi smercia frutta di stagione rubata in qualche campo, oppure comprata senza partita iva al mercato generale.

Quei quattro bulli non sanno che quello non è commercio e che il “tengo famiglia” non è un alibi sufficiente, valido sempre e comunque. Tutti teniamo famiglia, ma il problema è che quando non si riesce a portare il pane a casa non esiste qualcuno che sostenga davvero chi è in difficoltà nella ricerca di un lavoro. La porta verso il futuro ha i posti contati. L’alternativa di chi “tiene famiglia” e poi lo sarà di quei quattro bulli, resta “meglio fare l’abusivo che andare a rubare perché non faccio male a nessuno”.