Nicola ha 18 anni, vive al Libertà, non ha il diploma, ma soprattutto nessuna speranza per il suo futuro. Parole sue mentre invoca metaforicamente un bombardamento Isis sul quartiere. A sentirlo parlare sembra il figlio naturale di Mino Pausa, poeta mortuario interpretato da Emilio Solfrizzi, ammantato dal peggiore dei pessimismi che si possano immaginare nell’animo umano.

Dalla nona raccolta del poeta: “Mettiamoci una pietra sopra”, il motto di Nicola sembra essere quello contenuto nella lirica “La gioia immensa che si prova nel pensare”: Chi prima chi dopo, tutti dobbiamo morire. Va avanti così. Voleva fare il militare Nicola, ma non ha studiato. È iscritto a Porta futuro, ma passa intere giornate a oziare con gli amici nella zona di piazza Cesare Battisti.

Gioca a pallone, senza fare casini. “Non ho mai preso una denuncia, sono un bravo ragazzo”. Un vanto per chi cresce in un quartiere col fiato della criminalità sul collo. Non ha molte speranze, è disilluso. Il tema della disoccupazione giovanile è sempre di grande attualità, così come quello aperto dalla promessa del reddito di cittadinanza.

Nicola gioca a pallone in piazza perché c’è un gran bisogno di spazi, seppure la mancanza principale sono le attenzioni. Qualcuno a Nicola dovrebbe insegnare che il lavoro non piove dal cielo. La sua è l’età delle scommesse, degli investimenti, e non quella dell’ozio e della rassegnazione. Il guaio serio è che sono tanti i ragazzi come Nicola, affacciati alla finestra ad aspettare qualcosa che probabilmente non arriverà mai. Ragazzi apparentemente apatici, alla ricerca di un lavoro, un riscatto.

Serve una scossa per riuscire a scrollarsi di dosso etichette scomode e luoghi comuni. Nel video ci siamo fatti un risata seppure da ridere c’è ben poco. È stato fatto molto? Bene, ma evidentemente non abbastanza.