La presidente della Croce Rossa Italiana della Puglia, Ilaria Decimo, deve dimettersi dal suo incarico. Il suo coinvolgimento nell’inchiesta della Procura di Lecce sull’assegnazione delle case popolari ha scatenato il popolo dei volontari. Siamo anche noi convinti di dover assicurare serenità all’ente umanitario, già ampiamente umiliato nel corso degli ultimi anni.

“È vero che un cittadino è innocente fino al giudizio definitivo, è vero che non bisogna colpevolizzare solo perché il proprio nome appare sui giornali se coinvolto in un’inchiesta giudiziaria – scrive qualcuno -, ma è altrettanto vero che se pur condannato puoi essere riabilitato e sulla fedina penale non c’è più nulla (ma pur sempre rimane, indelebile, in quella della autorità giudiziaria), vi prego di non coinvolgere quello che ancora rimane del buon nome della Croce Rossa, di non penalizzare i tanti volontari che giornalmente offrono il loro tempo gratuitamente, di non coinvolgere quanti lavorano e i tantissimi che ancora credono in questa grande istituzione umanitaria. Fate, nel rispetto di quei principi e dell’onestà etica che vi ha sempre contraddistinto, un passo a lato prima di difendervi nelle sedi opportune senza che l’associazione rimanga coinvolta anche dai media, ma che, sono certo, saprà alla fine nuovamente accogliervi”.

Le indagini, infatti, hanno sollevato un dubbio: il sostegno elettorale della Croce Rosse nelle scorse elezioni comunali ad Attilio Monosi, ex assessore ed ex volontario proprio della Croce Rossa, attualmente consigliere comunale a Lecce. In un garage riconducibile a Monosi, poi, sarebbero stati parcheggiati alcuni mezzi della Croce Rossa, seppure non si sa a che titolo. Si sarebbe tratto di un appoggio a quanto pare richiesto e promesso anche in occasione delle precedenti primarie per la scelta del candidato sindaco del centrodestra.

A Monosi e al dirigente comunale Lillino Gorgoni si contesta anche l’abuso d’ufficio, in concorso proprio con Ilaria Decimo, presidente regionale della Croce Rossa a partire da aprile del 2016. I fatti sarebbero andati avanti fino al maggio del 2015 ed in particolare al centro dell’inchiesta sarebbe finita anche l’assegnazione all’ente umanitario dell’immobile al civico 111/A dell’immobile in viale Grassi, a Lecce.

Immobile acquisito dal Comune dall’Agenzia del Demanio fra i beni confiscati alla mafia. Iaria Decimo a quei tempi ricopriva la carica di presidente del comitato territoriale di Lecce. Gli inquirenti ricordano che del direttivo regionale della Croce Rossa facesse parte anche la moglie di Monosi. Il caso specifico è finito all’attenzione della Procura di Lecce e della Guardia di Finanza, che contestano l’ipotesi dell’associazione a delinquere finalizzata all’abuso di ufficio, alla corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, alla corruzione elettorale ed ai falsi in atto pubblico.

Ipotesi di reato gravi anche per l’assegnazione dell’immobile andato alla Croce Rossa, come per le case-parcheggio e gli alloggi per l’emergenza abitative. Secondo l’accusa sarebbero state bypassate le procedure previste dalla legge. Si legge che Monosi, occupatosi della pratica in prima persona avrebbe proceduto “rammentando nel contempo alla Decimo l’imminenza delle prossime scadenze elettorali delle amministrative del 2017 e delle primarie del 2016, per le quali riceveva assicurazioni dalla Decimo circa il sostegno della Croce Rossa di Lecce”. Secondo quanto ci viene riferito da Lecce l’immobile doveva essere adibito ad ispettorato delle crocerossine, ma in realtà sarebbe stato utilizzato come tale solo durante il periodo in cui nella sede storica fossero in corso lavori di ristrutturazione. Chi ne ha avuto la disponibilità finora e per quale ragione, visto che pare che ad oggi dentro quelle mura ci siano solo pochi scatoloni?

Ilaria Decimo avrà tutto il tempo di dimostrare la propria estraneità ai fatti, ma a nostro avviso non dovrebbe combattere la sua battaglia continuando a rivestire l’incarico di presidente regionale dell’ente. In attesa di un giudizio favorevole resta altissimo il rischio di compromettere in maniera pesante l’immagine della Croce Rossa e il principio di trasparenza proprio dell’ente.