A testa bassa e con i nervi a fior di pelle. Così il Bari è uscito dai playoff dando addio al sogno della serie A. Ma a fare più male non è l’inutile 2-2 del “Tombolato”, ma come è andata la partita, vero e proprio specchio della stagione biancorossa.

La giustizia sportiva ha sicuramente le sue colpe, soprattutto per la lentezza con cui è stato gestito il caso, ma il resto delle responsabilità di questo triste finale è della società e del presidente Giancaspro che non hanno saputo gestire una fase alquanto delicata della stagione dando poche spiegazioni, attaccando la stampa e puntando tutto su un vittimismo che ha fatto solo male alla squadra.

E i risultati si sono visti sul campo. Il Bari non ha giocato nemmeno male, ma si è letteralmente sciolto come neve al sole davanti alla prima difficoltà, ha smesso di giocare e poi si è abbandonato al nervosismo fino alla rissa finale. E su questo le colpe sono da dividere con mister Grosso. Il fatto che un veterano come Brienza si lasci andare a quel gesto con tanto di battibecco con la panchina avversaria la dice lunga sulla situazione di una squadra sull’orlo di una crisi di nervi.

La ciliegina è stato il post partita di ieri: a parte le battute di rito su Sky di Grosso, né il presidente né il direttore sportivo hanno parlato con la stampa. In avanscoperta è stato mandato un Basha dal dente avvelenato (e in scadenza) che ha detto la semplice verità: “Squadra distratta dalla penalizzazione” perché “la società aveva assicurato che era tutto a posto ma invece è arrivato il -2”. Tanto basta.

Ma la penalizzazione, così come un arbitraggio non certo penalizzante, sono alibi che non tengono: non esisteva nessun complotto per far fuori il club biancorosso. Tralasciando limiti ed errori tecnici evidenti, una squadra che punta a vincere i playoff non può perdere la testa alla prima difficoltà. Deve andare a Cittadella e vincere. Invece no, il Bari visto ieri non merita la serie A.