Il giornalismo è finito, per sempre. La mia tesi non si basa su dati Istat, su improbabili studi di settore o dati audipress. Non rientra nemmeno nella lotta per la sopravvivenza tra la carta e il digitale. Ciò che sostengo è dettato da una discussione reale. Si tratta della proposta di un editore per la nascente redazione di Bari del suo giornale, con sede “in una stanza che poi troviamo”: 800 euro.

Inizialmente avevo pensato si trattasse di una cifra da moltiplicare per le cinque persone che avrebbero composto la redazione: due giornalisti professionisti, un pubblicista, una collaboratrice ed un cameraman. Di questi tempi una somma accettabile. Il riconoscimento per il lavoro fatto da quella squadra di volenterosi negli ultimi anni nel generale appiattimento delle notizie fotocopia.

Approfondendo la questione, però, è venuto fuori che gli 800 euro sarebbero stati il budget complessivo da spartire tra tutti. La cosa peggiore non è neppure questa. Quei soldi, diviso cinque ogni mese, con premialità sulle pubblicità recuperate, erano ritenuti un investimento importante, essendo stata puntata in blocco una redazione già professionalizzata; in alternativa ai pochi euro da elargire a tre o quattro ragazzetti per copiare e incollare comunicati stampa sulla pagina del nascituro e ambizioso giornale.

Una parola è poca, due sono troppe. Ciò che preoccupa è che questo esempio è calzante in molte realtà d’Italia. Di questo passo il giornalismo morirà prima di quanto si possa immaginare, perché copiare e incollare a ben guardare non è un’attività giornalistica.