Ci sono stagioni che partono storte ma poi “meravigliosamente” si aggiustano. E poi ci sono campionati che iniziano male e finiscono peggio. Quella del Bari 2016/17 è una pellicola decisamente diversa dal film del 2015 diretto da Mario Bucci. Mancano ancora 90 minuti, ma possiamo già dire che quella di quest’anno è stata una stagione davvero fallimentare. E di meraviglioso c’è ben poco.

La sconfitta casalinga con l’Ascoli ha certificato quello che, in realtà, sembrava ovvio da settimane: questa squadra non era all’altezza di giocarsi la promozione. L’obbiettivo era il raggiungimento dei playoff, magari tra quinto e sesto posto. Target fallito. Ma c’è modo e modo di mancare l’obiettivo. Quello che è emerso nelle ultime settimane è soprattutto il fallimento del progetto tecnico.

Gioco e idee Ancor prima della sfortuna o delle scelte in sede di calciomercato, il problema più grosso è stato questo. Sia con Stellone e il suo 4-4-2, sia con Colantuono e i suoi 3-5-2/4-3-3 la musica non è cambiata: ritmi bassi, manovra prevedibile e lenta, poca qualità. Spesso è mancato anche il carattere. Poche le partite in cui il Bari ha dimostrato un gioco degno di questo nome, quasi mai negli ultimi due mesi (unica eccezione col Novara).

Mercato Gli sforzi della società per rinforzare la squadra, specie a gennaio, sono fuori discussione. Ma sono altrettanto evidenti gli errori commessi. La lacuna più grande, che non è stata colmata né in estate né in inverno, è l’assenza di un vero regista. Ma non solo: ancora oggi fatichiamo a capire gli acquisti di Martinho e Ivan (due mezzali o trequartisti, non certo due ali da 4-4-2, il modulo di partenza ad agosto).

A gennaio si è probabilmente sottovalutato il problema-difesa. Il Bari aveva grossi problemi in fase di realizzazione, ma questo non significava certo che la retroguardia fosse imperforabile. Così è stato giustamente rivoluzionato il reparto offensivo prendendo solo Suagher e Morleo: troppo poco per una difesa che è stata perennemente in affanno, persino nei momenti d’oro (vedi Benevento-Bari 3-4).

Sfortuna Non è un alibi, ma un dato oggettivo, e questa era una delle poche cose su cui Colantuono aveva ragione. Troppi gli infortuni tra i galletti: in alcuni casi era un rischio calcolato. Brienza, Floro Flores, Greco, Suagher, Morleo, sono giocatori o non più giovanissimi o soggetti ad infortuni. Ma lo stesso discorso non vale per Salzano, Macek, Raicevic e, in ultima analisi, per Tonucci e Sabelli.

“Per vincere serve programmazione” recitava ieri uno striscione esposto in curva nord. Una frase che, a dire il vero, è già risuonata più volte nei corridoi del San Nicola. Quando il Bari era ormai entrato nel tunnel dell’orrore fu lo stesso Colantuono a sottolineare come per arrivare alla promozione serviva quella parolina magica, oltre a una maggior tranquillità e serenità dell’ambiente.

Ecco, pensiamo che a quello striscione esposto dai tifosi manchi qualche pezzo: “equilibrio” e “pazienza” per esempio, parole che sono spesso mancate nel vocabolario di città e tifoseria. Perché se a gennaio non fossero arrivati Floro Flores e company, siamo sicuri che le critiche sarebbero arrivate comunque.

L’input, però, deve arrivare dalla stessa società: deve chiarire e difendere l’idea che l’obiettivo non è la promozione a tutti i costi. Soprattutto deve dimostrarlo con i fatti, evitando rivoluzioni fine a se stesse ma puntando su operazioni a medio-termine per formare, con tempo e pazienza, una squadra che possa realmente ambire alla promozione.

Giusto, quindi, confermare Sogliano. Non è ricominciando tutto da zero che si risolve il problema. Le vicissitudini societarie della scorsa estate sono sotto gli occhi di tutti e rappresentano un alibi oggettivamente inattaccabile. Giusto dare una seconda chance alla società che ha fatto il possibile per “aggiustare” questa annata anche se sicuramente non è stato abbastanza.