È morto Godot. Siamo qui a scrivervi la notizia che mai avremmo voluto darvi. Purtroppo è successo l’irreparabile. L’agonia è iniziata i primissimi giorni di settembre del 2014. A nulla è purtroppo servita la recente “sbottata” del sindaco Decaro, contro gli acculturati a suo dire sempre ostili e mai propositivi. Eppure in tanti avevano proposto strade più o meno percorribili per riuscire a salvare Godot. Pace all’anima sua.

Come si potrebbe dimenticare l’esordio dell’allora neo nominato assessore barese alle Culture, Silvio Maselli. Volle iniziare col botto il suo mandato, con un gesto democratico e coraggioso che lasciava ben sperare parenti e amici della vittima. “È arrivato Godot”, così si chiamava la tre giorni in cui il “mondo della Cultura” si confrontò su ciò che non aveva funzionato negli ultimi anni a Bari, nel lungo periodo in cui era venuto a mancare prematuramente anche un assessore di riferimento, in quanto l’allora sindaco Emiliano aveva delegato se stesso.

Come si potrebbe dimenticare il susseguirsi di testimonianze – più o meno eccellenti – che tracciavano persino proposte per il futuro. E poi le tante idee, gli operatori del mondo culturale, la montagna di parole. Due su tutte: dialogo, come capacità di costruzione di percorsi condivisi e pianificazione, ovvero la capacità di organizare le attività culturali con congruo anticipo, attraverso finanziamenti certi e regole trasparenti. Due ingredienti apparentemente semplici per rianimare un tessuto imprenditoriale asfissiato dallo strapotere delle agenzie regionali e dalla Fondazione Petruzzelli, trasformatesi da facilitatori di processi di crescita, formazione e sviluppo del settore, in idrovore di denaro pubblico e troppo spesso imbattibili concorrenti della fragile imprenditoria privata. Imprenditoria ancora al palo, salvo le sempre più rare eccezioni.

Come potremmo dimenticare le belle parole e i futuri possibili che il neo assessore Maselli regalò agli intervenuti alla fine del suo lungo e articolato intervento di circa un’ora. Progetti, idee, pensieri, parole, opere, missioni e omissioni. Oggi, con grande rammarico, possiamo dire che degli ingredienti di quel minestrone semantico, sono rimaste solo tante parole. Ma non puoi mangiare sempre la stessa minestra. Prima o poi è chiaro che qualcuno rivendica pietanze più sostanziose e porzioni più eque.

Il vento sembra aver spazzato via quelle narrazioni e ha lasciato quello che da due anni denunciamo come scenario desolante di un settore culturale allo sbando. Non sappiamo ancora se si tratti di uno sbando irrimediabile. Ma solo alla morte non c’è rimedio. Bandi maldestri, scopiazzati male e pubblicati sempre con clamorosi ritardi, laboratori per bambini spacciati per mostre e costati 15mila euro al giorno, assurde istallazioni dette artistiche, con pneumatici il cui significato andava ricercato nell’anima e poi affidamenti diretti sotto soglia per fugaci apparizioni di neon colorati e sgrammaticati in piazza Umberto. E ancora un museo archeologico e un auditorium del conservatorio ancora tragicamente chiusi. Senza contare gli indimenticabili capodanni di successo.

È arrivato il tempo di iniziare a riconoscere come profondamente sbagliate le valutazioni e le azioni, per alcuni versi megalomani e per altri frettolose, che rivelano un vuoto di strategie. Una strada impervia che ha prodotto un appiattimento di idee, tradottosi nella continua ricerca del “grande evento” che porti qualche visibilità politica. Se questo è l’indirizzo, non si può che guardare con che con preoccupazione a quello che sarà il “Polo delle arti contemporanee” e alla grande quantità di denari pubblici che in esso saranno riversati, non si sa ancora perché, con quali criteri e in favore di chi.

Il Comune di Bari, infatti, attualmente offre un quadro istituzionale e in fatto di interventi, paludoso e inefficace, dove la politica ha ottusamente rinunciato a percorrere la via del confronto e del dialogo, mostrandosi sempre più restìa a rinnovare criteri e meccanismi dell’azione pubblica in favore di uno sviluppo culturale concreto e stabile. I recenti episodi legati all’approvazione del nuovo regolamento voluto e sollecitato dal gruppo “Appello per la cultura” e poi fortemente rimaneggiato prima della sua approvazione ne sono la prova più evidente. Un testo oramai disconosciuto da uno dei soggetti protagonisti di quel tavolo di concertazione e fatto approvare in Giunta comunale con la promessa di improbabili e pericolose modifiche a settembre. Una fretta inspiegabile e dannosa. Cosi come inspiegabile è la scelta di spostare a settembre gli “eventi” destinati al periodo estivo per il quale sono stati stanziati appena 40mila euro.

La più grande ferita, però, rimane quella di quelle due parole dimenticate. Dialogo e pianificazione, che non sono mai pervenute alle orecchie, ai cuori e al cervello dell’assessore Maselli, ma soprattutto da colui che da due anni, inspiegabilmente, ha scelto di vestire i panni della sua balia: il sindaco Decaro. Da circa dodici mesi, infatti, non c’è toppa che non corra a mettere alle scelte o dichiarazioni del suo assessore rivelatosi inefficace, allergico al confronto democratico e restio al dialogo costruttivo.

L’assessore si limita ad autoincensarsi con post su Facebook, ad applaudire tutto quello che dal “suo” sindaco proviene e ad insultare renzianamente (o berlusconianamente) chi esprime dissenso e che finisce dritto dritto nel “Partito dell’odio”: siete gufi, troll, famelici di denaro, attaccati alla mammella pubblica, non capite, ingrati, ci odiate, siete una radio che gracchia cattive parole, non avete niente da fare. Dulcis in fundo, un secco invito: “mettetevi a lavorare una buona volta” che, detto da un giovane che non ha mai sostenuto un concorso pubblico per diventare direttore dell’AFC con lauti compensi (di origine pubblica) e che non è stato mai votato da nessuno ma che comunque si ritrova a fare l’assessore con altri lauti compensi di origine pubblica senza risultati di rilievo, non è proprio una bella cosa.

In molti – ovviamente non quelli del “Partito dell’amore” – continuano a pensare che Maselli sia per diverse ragioni inadeguato al ruolo e che sarebbe più dignitoso fare un passo indietro rassegnando le dimissioni ma, sempre sulla sua pagina Facebook qualcuno fa notare che forse per lui non è ancora pronto l’ennesimo paracadute. Assessore, non sappiamo se risponderà alle nostre domande. Noi, però, gliele facciamo ugualmente. Assessore, dovremo aspettarci altri tre anni così? Ha intenzione di cambiare rotta? Assisteremo ancora alla bella vita di pochi a scapito di tutti gli altri? Siamo sicuri che la famigerata tassa di soggiorno serva a risolvere tutto? Perchè qui non si sta parlando solo e desolatamente di “più denaro” ma di ben altro. Si parla di dialogo, di coinvolgimenti, di scambio di proposte, di costruzione collettiva. Si parla di Politica.