Care e cari professoresse e professori d’orchestra,

ho letto con molta attenzione il vostro documento, consegnato sotto forma di volantino all’ingresso del Teatro Petruzzelli il 5 luglio scosro. Il volantino indirizzato al Sovrintendente Massimo Biscardi e ai sindacati. Sapete quanto questo giornale abbia contribuito con le sue inchieste a smascherare quella zona nera che avrebbe attanagliato la gestione della Fondazione Petruzzelli. Ho pensato molto all’opportunità di questo editoriale. Da un punto di vista personale e umano è inimmaginabile non esternarvi la nostra solidarietà. Il destino sa essere davvero beffardo.

Purtroppo, però, il nostro compito è quello di stare ai fatti. Voi, vincitori dell’ultimo e unico concorso per assunzioni a tempo indeterminato, per intenderci quello svoltosi nell’autunno 2015, sostenete la tesi secondo cui la Fondazione Petruzzelli, in una eventuale procedura di “licenziamento collettivo”, deve individuare soluzioni che preservino la qualità artistica e tutelino il merito impegnandosi a sottoscrivere accordi che, nei limiti imposti dalla legge, valorizzino i concorsi appena svolti. Aggiungete anche che tale scelta sia da considerare come fondamentale esigenza tecnica ed organizzativa.

Leggendo i dettami della legge 223 del 1991 non riesco a convincermi della genuinità della vostra proposta. I criteri previsti dalla legge per l’individuazione del personale in esubero sono di carattere generale. Anzianità, carichi familiari ed esigenze tecnico organizzative. Se la Fondazione Petruzzelli dovesse avere come ultima spiaggia l’avvio di tale procedura, ad oggi solo una delle possibilità in campo, gli eventuali accordi che potranno essere sottoscritti tra Fondazione e sindacati non potranno che tenere conto di quanto prescritto dalla legge 223.

Accordi, quindi, che non potranno prescindere dal carattere erga omnes dei criteri individuati. Il concorso afferisce alla sfera delle procedure di reclutamento del personale, che possono essere determinate da disposizioni legislative oppure da accordi pattizi, vedi il contratto collettivo nazionale di lavoro. Nel caso in questione c’è uno spartiacque epocale che ai nostri occhi pregiudica la vostra richiesta. Una data precisa: il 29 giugno 2010, giorno in cui il Parlamento italiano ha approvato la legge 100, detta legge Bondi, in cui con il comma 8bis – a partite da quel momento – la Fondazione Petruzzelli era obbligata per legge a richiedere formale richiesta di autorizzazione al Mibac per le assunzioni a tempo indeterminato e determinato. Procedura che, a chi vi scrive, risulta essere stata assolta da chi all’epoca dei fatti gestiva la Fondazione Petruzzelli, come da atti e documenti in nostro possesso. Il perché ancora oggi, nel momento in cui vi scrivo, quelle richieste sono rimaste inevase, resterà uno dei misteri più oscuri del recente passato.

È giusto anche ricordare che prima di quella data l’unico strumento a disposizione delle Fondazioni per il reclutamento del personale era il CCNL, che prevedeva, di norma, procedure di evidenza pubblica e la possibilità, in casi eccezionali, di assunzioni a chiamata diretta. Il personale che all’epoca dei fatti si è rivolto al Giudice del Lavoro per veder riconosciuti i propri diritti violati, perché di questo stiamo parlando, è lo stesso cui quel concorso, da voi invocato, non ha potuto sostenerlo tanto nel 2010 quanto nel 2011.

Così come tutti voi sapete che quello del 2012 non era un concorso, ma una semplice selezione per assunzioni a tempo determinato, di cui è anche giusto ricordare il goffo tentativo di chi ha provato più volte, illudendo le speranze di molti, a sostenere la strada di una stabilizzazione per via legislativa, bocciata sistematicamente dallo stesso Parlamento.

Utilizzare oggi il concorso come criterio oggettivo appare fuori luogo e andrebbe contro i precetti costituzionali che, al contrario, escludono norme discriminatorie. I contratti impugnati dai lavoratori, che vedono la soccombenza della Fondazione, sono anteriori al 29 giugno 2010. Un eventuale accordo sul criterio del concorso come esigenza tecnico organizzativa escluderebbe a priori i “vincitori” delle cause, e in più si andrebbe contro la decisione del Giudice che nella sentenza di ripristino dei rapporti di lavoro non considera la legge Bondi come ostacolo alla riassunzione.

La lettura dei dispositivi delle sentenze emesse, al contrario, consegna una lettura a dir poco raccapricciante dell’azione amministrativa e degli omessi controlli di chi doveva esercitarli. La verità accertata dal Giudice del Lavoro constata la sciatteria amministrativa che ha prodotto l’emissione di contratti di lavoro sbagliati e fuori dalle “regole” legislative. Dice bene il Presidente Gianrico Carofiglio quando sostiene che chi ha sbagliato pagherà. Sperando sia davvero così. Ci auguriamo solo che questo monito non sia nei soli confronti di chi materialmente ha redatto quei contratti, ma che sia individuata dall’inchiesta interna annunciata anche la rete di controllo, ai vari livelli, che per incapacità o dolo non è stata in grado di intervenire per evitare il disastro annunciato.

Vi auguro di ritrovare la serenità e lo slancio per continuare a portare sempre più in alto il nome del Petruzzelli, ma vi esorto a dubitare dei “burattinai” che già nel recente passato hanno dimostrato l’inadeguatezza del proprio ruolo.