Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, è stato categorico: sul disastro ferroviario non ci accontenteremo di una verità di facciata. A lui ha fatto eco prima il premier Renzi, poi il Capo dello Stato Mattarella. Facciamo una premessa. Non siamo esperti della materia, quindi non ci addentreremo nelle faccende tecniche, seppure il procuratore Giannella sostiene che parlare di solo errore umano sia riduttivo. Sono altre le persone che dovranno stabilire cosa realmente sia successo, nel caso in cui anche in Italia si riesca a trovare un responsabile.

Una cosa, però, nei giorni del dolore successivi al disastro ferroviario ci è balzata agli occhi: la sola dichiarazione dell’assessore ai Trasporti della Regione Puglia, Gianni Giannini, in quota PD, lo stesso partito del presidente Emiliano. Giannini ha parlato con un giornale locale, spiegando quanto il disastro ferroviario lo abbia turbato, non solo emotivamente ma anche sotto il profilo amministrativo e politico.

Ritardi, tavoli tecnici, finanziamenti, il rischio di perdere quei finanziamenti, l’Unione Europea, i fondi fesr. Insomma, l’assessore Giannini non avrà voluto giustificarsi, come detto in apertura di intervista, ma le sue parole non lasciano il segno. A quanto pare, i soldi per la messa in sicurezza della linea, proprio di quel tratto, la Ferrotramviaria li aveva, ma non sono stati impiegati per motivi che l’assessore non conosce. Eppure, secondo quanto ci è dato sapere, i vertici dell’azienda privata che viaggia sulla linea di proprietà della Regione Puglia, avrebbero scritto più e più volte ai dirigenti dell’assessorato. Chiedevano spiegazioni e rivendicavano lo sblocco di risorse e autorizzazioni. Ci sarebbero lettere “interne” di fuoco.

Tutto ha preso la piega giusta troppo tardi. Fa impressione risentire ora le dichiarazioni ai tempi del taglio del nastro della nuova stazione Ferrotramviaria all’aeroporto di Bari. Tutti entusiasti per il salto verso le più evolute capitali europee. Con i faremo e gli investiremo, però, non si resuscitano le vittime, soprattutto non si evitano gli incidenti sui binari. Qualcosa non quadra, perché il direttore generale della Ferrotramviaria, l’ingegner Massimo Nitti, non ha mai nascosto il suo dissenso per il modo di fare dell’assessorato e del suo responsabile politico. Certo, non lo ha mai detto nelle sedi ufficiali, ma gli strali non sono mai mancati e chi li ha raccolti parla di un uomo davvero infuriato. Qualcuno, tra Giannini e Nitti, non la sta dicendo tutta la verità. Magari da quelle lettere interne, nel caso in cui si riuscissero a recuperare, si potrebbe avere qualche chiarimento maggiore.

Per carità, l’errore, il guasto o qualunque cosa sia realmente successa, poteva accadere prima, anche molto prima, ma adesso non stiamo parlando di questo. Stiamo solo cercando di capire tutti quanti perché l’avvio dell’iter per l’ammodernamento strutturale di quel tratto della linea della Ferrotramviaria, abbia dovuto vedere la luce con il solito ritardo all’italiana. Bisogna capire perché i treni siano aumentati a dismisura, senza che sia mai stato fatto nulla per adeguare la sicurezza della tratta ferroviaria. Sia chiaro, non addossiamo a Giannini responsabilità dirette per quanto successo, ma quella politica è evidente. In caso contrario l’assessore non si sarebbe sentito così turbato sotto il profilo politico e amministrativo.

In un altro paese, anche in quelli dove i treni viaggiano a binario unico con sistemi di sicurezza adeguati, dopo una strage del genere, i responsabili politici si sarebbero dimessi. Una questione di responsabilità, appunto. Nessuno, all’indomani del disastro ferroviario avvenuto tra Andria e Corato, ha sentito l’esigenza di ritirarsi in buon ordine, neppure l’assessore Giannini.