Andate al diavolo, dal più profondo del cuore, perché non avete alcun rispetto della vita e del lavoro. A niente serve versare lacrime di coccodrillo per la morte di una bracciante stroncata dalla fatica oppure firmare pseudo protocolli d’intesa, se poi una mattina qualunque, intorno alle 10, il capetto raduna a raccolta gli “operai” nelle terre dell’uva e dice: “Per oggi avete finito, andate a casa e ci vediamo domani perché sta arrivando l’ispezione”. Ispezione arrivata puntuale più o meno un’ora dopo.

L’imprenditore pagato da quel capetto non è un vecchio latifondista ignorante, nato e vissuto con la zappa in mano, ma un personaggio di un certo peso, che grazie all’agricoltura s’è fatto una posizione di un certo tipo nella Terra di Bari, violentata almeno quanto i diritti dei braccianti che continuano a morire sotto il sole. E non parliamo di manovali che arrivano da chissà quale parte dell’Africa, scuri nel cuore a causa degli abusi, molto più di quanto non lo sia la loro pelle.

Gli schiavi sono poveracci di un paese qualunque dell’Area Metropolitana barese, che lavorano per arrivare alla pensione oppure per guadagnare il sostentamento dei propri figli dopo un licenziamento; sono studenti e mamme coi calli alle mani duri come le pietre. Gente con la dignità capestata, che pur di portarsi a casa un tozzo di pane, accetta che quello stesso imprenditore versi loro solo una parte dei contributi. Se va bene la metà.

Dalle 5 del mattino a mezzogiorno, a spaccarti la schiena come uno schiavo qualunque. Ninete nomi. Per il momento solo indignazione e sdegno. Andate al diavolo, ce ne ricordermo quando in piazza vi sentiremo parlare di diritti da difendere. E chissà che prima o poi una vera ispezione non arrivi davvero.