“Ti spiace se rimandiamo l’intervista? Sto cercando mia moglie dappertutto. Ho paura abbia fatto una sciocchezza”. La donna se n’é andata di casa ieri pomeriggio e da allora non ha più dato notizie di sé. L’hanno cercata in tanti. Al marito ha detto di volersi ammazzare, perché ormai non aveva più niente da perdere. La loro non era più vita da troppo tempo.

Nell’ultimo periodo, però, è diventato tutto più complicato. Avremmo dovuto intervistare il padre di famiglia per aiutarlo a cercare lavoro, per concedergli la possibilità di rivolgersi a un medico che potesse prendere a cuore le sorti del più grande dei suoi due figli, costretto su una sedia a rotelle da una malattia rara che gli sta mangiando la colonna vertebrale. Neppure un delicatissimo intervento chirurgico è bastato. L’intervista e quindi l’esposizione mediatica, la vittoria sulla vergogna di ammettere il proprio fallimento, era l’ultima spiaggia per lui e la sua famiglia, già aiutata dalla Caritas, da un sacerdote e da alcuni volontari.

Padre, madre e due figli. Li ho conosciuti personalmente qualche mese fa a pranzo a casa di alcuni volontari. A tavola il papà aveva meravigliato tutti con un paio di giochi di prestigio. All’epoca, sul suo volto si poteva ancora scorgere un sorriso, seppure carico di amarezza. Un sorriso per i suoi figli, consci dei problemi e della inesorabile deriva a cui stavano andando incontro. Non hanno davvero più niente da perdere e se la suocera non gli avesse concesso di dividere la casa popolare di cui è assegnataria, adesso la famiglia vivrebbe per strada o chissà in quale altro posto, sgretolata dagli eventi, dalle promesse non mantenute di chi annuncia il cambiamento senza avere la più pallida idea di come si possa ridurre un uomo.

Al telefono, mentre si scusa per il mancato appuntamento, quell’uomo umiliato e rassegnato piange, come avranno fatto tante volte nel segreto delle loro stanze i suoi figli, piccoli ma non stupidi. Il disoccupato, poco più che quarantenne, è corso al cimitero, con la speranza di trovare la moglie disperata aggrappata ai ricordi sulla tomba del di suo padre. Altri tempi fin quando c’era lui. Non c’era neppure lì, in quel posto che fino a quel momento almeno le restituiva un po’ di pace.

Non so ancora se quella mamma è tornata a casa, ma non cambia nulla. La precarietà può ammazzarti. Tanti, troppi ne sono già morti mentre cercavano un lavoro che potesse restituire un po’ di dignità a se stessi e a chi da loro s’asppettava almeno un tozzo di pane e un tetto rassicurante. La morte può arrivare in mille modi, puoi persino essere ucciso dalla disperazione, ma per tutti sarai solo una pazza, l’ultimo caso di suicidio che il codice deontologico del nostro mestiere vieta di raccontare. La follia vera è far finta di niente, ignorare che quella donna, madre e moglie, ha perso la testa per colpa del sistema, che in fin dei conti vuol dire avere tutti un po’ di responsabilità.

Speriamo con tuto il cuore che Anna ci ripensi, almeno per amore dei suoi figli, e che Marco riesca a trovare un lavoro. Marco noi siamo pronti a darti voce, sperando di non arrivare troppo tardi.