Il treno delle giustificazioni, delle precisazioni, dei chiarimenti, delle battaglie di pulizia, dello scaricabarile e dei monologhi è in partenza sul binario morto delle Ferrovie Sud Est. A dirla tutta è già partito, ma adesso si comincia a sentire forte e chiaro il suono del vapore. Mentre i convogli con quei fottutissimi pendolari continuano ad essere soppressi o a viaggiare con ritardi pazzeschi, nelle stanze dei bottoni e davanti alle telecamere è iniziato il valzer del “non c’ero”, il balletto spensierato di chi avrebbe dovuto vigilare e non lo ha fatto.

Il primo, a lungo l’unico, che si è messo di puntiglio a rompere le palle affinché fosse sostituita la lampadina, che poi ha fatto luce sul disastro e sulle ruberie della Sud Est, è stato l’onorevole pentastellato Diego De Lorenzis. Diamo ai 5 Stelle il merito di essere assillanti su certe questioni. Potranno pure non essere competenti su alcuni temi specifici, come denunciano i guru della politica, ma sono capaci di braccare la preda come pochi. Del resto, i vecchi marpioni, anche quelli che adesso parlano dello scandalo, dov’erano finora?

In questi anni ministri, sottosegretari, presidenti di Regione, assessori regionali, organisimi di controllo, hanno colpevolmente dormito, mentre quelli che inizialmente si ritenevano più svegli, rubavano senza preoccuparsi di nulla. Hanno persino potuto autoafidarsi consulenze da oltre un milione di euro. Sì, perché ciò che è successo alle Sud Est non è in nessun modo giustificabile. Chi ha sbagliato deve pagare, chi non ha vigilato e ancora occupa posti di rilievo deve andare a casa e chi ha rubato deve restituire il malloppo.

Un tale livello di sciatteria, o peggio ancora complicità, non può essere cancellato con un colpo di spugna dalle promesse di pulizia etnica. Non vi siete preoccupati dei pendolari e neppure dei lavoratori, ugualmente penalizzati dal periodo d’oro delle ruberie impunite. Adesso correte a promettere risanamenti e rilanci. Non dimenticate mai che quest’opera mastodontica di recupero la state immaginando con i soldi della collettività, non certo con i vostri. Una collettività alla quale per anni avete consentito fossero rubati soldi, giornate di lavoro, tranquillità e il diritto ad avere un servizio di trasporto dignitoso.