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Qualcuno lo ha capito, qalcun altro no. Il senso dell’editoriale in cui invitavo chi sta montando le luminarie per la festa patronale di Adelfia a indossare tutti i dispositivi di protezione individuale necessari a lavorare in sicurezza, non era certo un mortale augurio. In tanti, però, evidentemente colpiti nel segno, sono insorti augurandomi le cose peggiori che si possano immaginare. Non scrivo certo per replicare alle minacce, abituato come sono per farmene un cruccio.

Ho deciso di ritornare sull’argomento per due semplici motivi. Qualche ora dopo l’uscita del pezzo sulla testa di qualcuno degli operari – purtroppo non tutti – è comparso un meraviglioso caschetto di colore blu. Evidentemente ci sono, ma non vengono usati. Sono contento di questo, seppure vorrei diventasse una buona prassi, sempre, non solo quando il moralizzatore di turno alza la voce o scrive in modo irruento al pari di un pugno nello stomaco.

L’altro motivo è questo messaggio: “Mi dici i numeri delle vittime che ci sono state in questo lavoro? Le protezioni che usano i giornalisti in guerra? I giornalisti morti in guerra chi li piange? Vai a cacare la vita nostra c’è la proteggiamo noi tu guardati la tua vita”. Pur essendoci nome e cognome del mittente, non conosco personalmente chi scrive. Non so se si tratta di qualcuno beccato in fallo l’altro ieri o di un collega di un altro paese, un’altra azienda.

Andrò a cacare, mi guarderò le spalle come di consueto, ma ciò non toglie la pericolosità del lavoro che fai e quindi la necessità che indossi casco, imbracature, guanti, scarpe adeguate e in alcuni casi persino gli occhiali. Non conosco il numero dei giornalisti morti in guerra o quello degli operai precipitati da un cestello. Succede, però. Non credi? Potrebbe essere sufficiente questo. Tra le tante polemiche con like al seguito su Facebook, poi, ci sono anche quelle degli osservatori più attenti, che mi accusano di non avere a cuore la mia vita per avermi visto senza cintura di sicurezza alla guida della mia auto. È certamente successo, ma è mia abitudine indossarla. Anche io ho visto te senza. Ma se ci pensi, cosa cambia? Ho sbagliato io, hai sbagliato tu e a maggior ragione ha sbagliato l’operaio che montava le luminarie. Lo devi fare per te stesso, per chi ti sta accanto. Non sentirti obbligato a fare il pirla solo perché viviamo in un mondo di pirla.