Dalle catene allo sciopero della fame, fino all’addio alla propria terra, all’ospedale in cui come tutti ha creduto, prima di restarne vittima. Francesca Mangiatordi decide di rivelare la notizia più importante nel giorno del suo compleanno: “Mi trasferisco a Cremona”. In questi anni ho imparato a conoscere Francesca, per quanti non lo sapessero all’inizio della nostra battaglia su visioni diametralmente opposte alle nostre. Francesca Mangiatordi, al contrario di quanto dicono in tanti cantando vittoria per il suo trasferimento, non sta scappando a Cremona. Dopo l’assurdo tentativo di metterle il bavaglio, la Mangiatordi con grande dolore lascia Altamura e i suoi affetti più cari per ritrovare l’entusiasmo che le è stato sottratto, il fuoco di una professione nobilissima che in troppi vorrebbero ragionieristicamente far diventare altro. C’è una bella differenza tra fare il medico inteso nella sua radice più profonda e limitarsi a indossare un camice bianco per soddisfare le richieste di un dirigente, uno di quelli che probabilmente non ha mai tenuto la mano di una persona che muore. Allora auguri per il tuo compleanno Francesca, ma soprattutto per il tuo nuovo viaggio. Vatti a riprendere la tua vita a Cremona e dimostra a chi non ti conosce che la lotta per la democrazia continua a distanza. Ti auguriamo di ritrovare entusiasmo e quella voglia di migliorare per assicurare ai tuoi pazienti tutte le cure possibili e l’amore di cui sei capace. La tua terra perde una grande professionista e una donna speciale. Io “perdo” un’amica, ma tutti acquistiamo un esempio che resterà nella testa di tanti. Ad maiora Francesca, semper.

UNA PARTE DEL SUO POST SU FACEBOOK –  «Ho deciso! Ho accettato di trasferirmi a Cremona. Lascio il pantano in cui volevano trattenermi, in cui volevano annullare la mia indole e la mia professionalità, e vado in un posto dove chiedere di migliorare, mettere a frutto le proprie potenzialità, viene continuamente stimolato e non punito o messo a tacere. Vado per continuare ad imparare, per mettermi in discussione, per crescere professionalmente, con passione, ardore, curiosità e con la mia tipica vivacità. Se restassi non sarei più me stessa, dovrei chiudere gli occhi, la bocca e le orecchie, far finta di niente e tirare avanti, mettere a tacere la mia coscienza e ubbidire solo agli ordini, anche se insensati. Non riesco a sopportare più l’accidia, la tristitia, la noia, l’indifferenza, l’inerzia, l’indolenza, l’ignavia, l’apatia, il torpore mentale, l’abulia, la poltroneria, l’incuria. Ci vuole solo volontà e coraggio per cambiare, un pizzico di sfrontatezza, e una buona dose di pazienza, ed è così che si resta se stessi, e ci si sente liberi di esprimersi e si prosegue nell’inseguire quei sogni, quel senso di ars medica che mi torna in mente quando ripenso a cosa vuol dire essere “medico”. E ora che farete? Un altro provvedimento solo perché ho detto di voler essere me stessa e di voler fare il medico!?»