“Quella frecciatina a Nicola, però, la potevi evitare”. La prima volta sorridi, la seconda spieghi, la terza storci il naso, la quarta scrivi un editoriale. Ed eccoci qua. Nel giorno dell’Epifania al San Nicola è stato presentato il nuovo allenatore della Fc Bari, Andrea Camplone. Una conferenza stampa ricca di spunti interessanti che ha consegnato alla città un personaggio nuovo: l’ex allenatore del Perugia, appunto. Nuovo in senso assoluto e nuovo soprattutto rispetto al suo predecessore, Davide Nicola.

Dopo una chiacchierata di circa mezz’ora la differenza è evidente e al momento di porre la nostra domanda, nello specifico sulla eventualità di reperire sul mercato un nuovo portiere, decidiamo di sottolinearlo. “Mister, innanzitutto benvenuto e complimenti per la schiettezza. Finalmente sento parlare l’allenatore del Bari come, secondo me, dovrebbe parlare l’allenatore del Bari”. A più di qualcuno questa premessa non è piaciuta. Un commento pregno di cattiveria? Un attacco gratuito? Semplicemente, una constatazione di diversità.

Davide Nicola da Luserna San Giovanni il 18 novembre del 2014 arriva al San Nicola e consegna subito alla stampa la fotografia nitida di un allenatore tutto champagne e libri di filosofia: cultore del lavoro (“spero che le vostre domande siano tante ma non troppe, perché a me interessa lavorare”), del confronto (“prima di qualsiasi altra cosa metto il rispetto per la gente: siamo tutti nella stessa barca”) e dell’umiltà (“non mi piace la presunzione”). Il tutto condito da perle di “interazioni chimiche” e da un’idea di calcio che non prevedeva numeri ma atteggiamenti. Tanto che incalzato da una collega su quello che di lì a poco doveva essere il modulo del nuovo Bari post Mangia, nessuna risposta concreta. Con il passare dei mesi, partite e dichiarazioni alla mano, le bollicine dello champagne sono diminuite e la filosofia è diventata spesso stucchevole e poco coerente rispetto ai suoi capisaldi di lavoro, confronto e umiltà. Quando oltre alle prestazioni sono venuti a mancare anche i risultati, l’esonero è diventato inevitabile, prima ancora che tardivo, a nostro parere.

Andrea Camplone da Pescara i libri di filosofia li ha lasciati nel cassetto delle cose che non servono. Pochi giri di parole, risposte dirette e precise, concetti chiari, numeri e nomi. Il vocabolario della lingua italiana dà alla parola schiettezza un significato preciso: carattere di genuina autenticità, naturalezza, spontaneità. E Camplone nel suo modo di parlare è apparso esattamente così: genuino, autentico, naturale e spontaneo. Come è auspicabile che sia l’allenatore del Bari. Dirglielo non ci sembra una cattiveria nei confronti di nessuno.

Natale e Capodanno hanno portato ai tifosi del Bari un nuovo allenatore e l’imbarazzo di ritrovarsi di fronte al marito della bilancia: il bilancio. I chili raccolti durante le abbuffate delle feste non c’entrano. Piuttosto c’entrano perdite e debiti accumulati da Gianluca Paparesta e documentati dal rendiconto sulla sua gestione al 30 giugno del 2015. “Tutto cambia affinché nulla cambi”, commenta in maniera ufficiosa qualcuno di consolidata autorevolezza, e la mente del tifoso corre veloce al fallimento targato Matarrese. Qualcuno, in successione logica, si domanda anche il motivo di tanto scetticismo nei confronti del gruppo cinese interessato all’acquisto della società.

Per tutto, e come spesso, la buona norma resta una: calma e gesso. L’ottima impressione dello schietto Camplone dovrà necessariamente essere supportata dai fatti del campo. Le reali intenzioni dell’emissario cinese Cheng dovranno necessariamente essere supportate dai soldoni. E le perplessità dei tifosi circa il bilancio di Paparesta potranno essere spazzate via da quello che il presidente dovrà presentare tra circa sei mesi. Quando una promozione in serie A potrebbe aprire scenari completamente diversi. Nel frattempo, una volta di più, forza Bari.