«Così gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi» (Matteo 20, 1-16). Ciò che viene raccontato dall’evangelista nella parabola dei lavoratori della vigna succede nel Regno dei Cieli. Al netto dei miracoli sulla terra non accade quasi mai e allora non solo sei l’ultimo, ma può capitare addirittura di diventare ultimo tra gli ultimi, tanto da decidere di distruggere con un sasso una vetrata all’assessorato al Patrimonio. Roba da matti. Sì, roba da matti, perché un po’ matto Cosimo e Damiano lo è. Le bobine qualche volta non girano nel verso giusto, a maggior ragione se per avere una casa, per esempio, devi aspettare che l’abbiano avuta le famiglie con bambini, quelle con disabili e poi gli anziani: le cosiddette fasce deboli. Non ci sono abbastanza soldi e alloggi per tutti.

Lui, purtroppo, non è abbastanza debole, così è costretto a dormire in un cantiere, comunque senza un tetto sulla testa da una quindicina di anni. È un po’ come l’atavico dibattito sulle prostitute: è costretta a quella scelta o l’ha scelta lei quella vita? Spesso è la vita a scegliere te. Quel cantiere è l’unico posto sicuro e abbastanza riparato in cui ha trovato rifugio il maledetto barbone. Gli ultimi, a differenza dei primi, a maggior ragione se sono storpi come Cosimo e Damiano, non hanno tante possibilità di redenzione terrena. In attesa che Dio, Allah, Maometto o chiunque altro metta le cose a posto, restituendogli un po’ di dignità, al poveraccio un po’ pazzo e per questo con l’aggravante di poter anche essere preso a coglionella, non resta che allargare la palpebra con il pollice e l’indice, mostrando la cavità oculare vuota e fare una richiesta a favor di telecamera: «Fai vedere agli italiani e ai baresi com’è fatto uno storpio».

Certo, le immagini sono forti e il video un po’ ipocrita, ma non ce la siamo sentita di calpestare completamente lo spirito buonista del Natale dei primi, perché tanto per gli ultimi anche quella sarà una giornata come tutte le altre. Abbiamo tolto l’audio e oscurato il labbiale quando il 41enne Cosimo e Damiano bestemmiava contro i presunti responsabili della maledetta condizione in cui è costretto a sopravvivere, ma non abbiamo fatto allo stesso modo con quell’occhio mancante.

Lui da quell’unico occhio che gli è rimasto, quando è lucido la vede lunga. Non gli crede nessuno quando dice che nei dormitori non va perché non vuole correre il rischio di essere violentato. «Succedono queste cose», spiega intensificando lo sguardo. Non è la prima volta che ci giungono simili notizie. A suggerircele, però, sono sempe e solo poveri pazzi. «Mi dispiace che non c’è il collegamento, perché altrimenti te la facevo fare una figura di merda». Tranquillo Cosimo e Damiano, la telecamera era accesa e la figura di merda l’abbiamo fatta in tanti.

Ora, con il volantino della colletta alimentare, con la ricevuta della donazione all’Unicef, con la Pigotta sul lettino del nostro bambino, con il biglietto di platea al concerto benefico super figo, possiamo andare a lavarci le coscienze e saremo di nuovo immacolati fino al prossimo Natale. Il vero problema di questa storia è che Cosimo e Damiano ha cento, forse mille sassi in tasca e abita dentro i noi. Rappresenta la nostra peggiore paura, l’incubo quotidiano di diventare ultimi. Sì, perché gli ultimi non saranno i primi, ma i primi possono diventare ultimi. Cosimo e Damiano continuerà a sopravvire in un posto maledetto che noi, i primi, probabilmente non vedremo mai prima di andare a messa per chiedere perdono dei nostri peccati.

Abbiamo provato a salutare quel povero diavolo con una pacca sulle spalle. La sua risposta? «Non mi toccare, mi fate schifo».