La nostra denuncia sull’inadeguatezza dell’Ospedale della Murgia ha sollevato un tremendo polverone. Situazioni intollerabili con evidenti responsabilità, ma senza che ancora sia stato adottato alcun provvedimento da parte della Direzione Generale. Dopo l’assurdo trasporto in elicottero all’esterno dello stadio di Altamura, perché la pista di atterraggio del nosocomio non è agibile e il rocambolesco viaggio di un paziente con le gambe rotte e un principio di emorragia in una delle ambulanze da rottamare, altri due fatti di cronaca evidenziano quanto non si possa perdere altro tempo. Il primo, più recente è quello accaduto ieri ad Altamura: la bomba fatta esplodere davanti alla sala giochi Green Table, che ha gravemente ferito sette persone.

IL PRIMO OSTACOLO – Quando i soccorritori arrivano sul posto, uno dei medici del 118 chiede alla Centrale operativa un elicottero per il trasferimento del paziente più grave al Policlinico di Bari. Le condizioni sono disperate. Il ragazzo sta decerebrando e seppur sedato risulta impossibile intubarlo. Nel 118 barese mancano i farmaci per l’anestesia preospedaliera. Dalla Centrale operativa rispondono che non è possibile e consigliano di recarsi all’ospedale della Murgia – che ricordiamo, non è un trauma center – andando complicare una situazione già criticamente congestionata. Sono ore drammatiche, ce ne rendiamo conto, ma se la vittima fosse stata per esempio il figlio di un politico, di un dirigente medico o di un personaggio noto sarebbe stato fatto partire l’elicottero?

L’ARRIVO IN OSPEDALE – Mentre i medici del Pronto soccorso, del 118 e gli anestesisti si dannavano l’anima per salvare la vita ai ragazzi coinvolti nell’esplosione, il ragazzo in condizioni disperate viene portato nella ex sala rossa – usata per l’esecuzione di piccoli interventi chirurgici. Non c’è il monitor per la pressione, manca un attacco ravvicinato per l’ossigeno e un aspiratore; il letto non è, come del resto in sala rossa, in una posizione tale da consentire a medici e infermieri di operare in serenità. Alla fine l’anestesista e il medico del 118 che aveva già stabilizzato e trasportato il ragazzo, intubano il paziente alla vecchia maniera, come avrebbero fatto se si fossero trovati in un ospedale di un paese meno evoluto. E forse siamo proprio in un paese poco evoluto se si considera che la Puglia è al penultimo posto nella classifica nazionale.

IL VIAGGIO DA ALTAMURA A BARI – Eseguita una TAC, con una di quelle ambulanze scassate, inizia il viaggio dal Pronto soccorso dell’Ospedale della Murgia al Policlinico di Bari. Abbiamo provato a sentire il dottor Antonio Dibello, direttore del Pronto Soccorso dell’Ospedale Perinei e coordinatore del 118 barese, per farci spiegare la situazione, ma non ha voluto rispondere. Presumibilmente mentre i suoi colleghi lavoravano in queste condizioni, non era neppure a conoscenza di ciò che stesse accadendo. I nostri servizi e le nostre inchieste stanno minando la credibilità di molti. Dibello, interpellato al telefono, si è limitato a dire: “Parlerò col vostro giornale solo tramite il mio legale”.

I DUBBI – Perché una simile risposta? C’è qualcosa di compromettente che non si riesce a spiegare? Perché solo dopo la nostra denuncia, nonostante le lamentele del personale, sono andati a prendere le misure in sala rossa per la realizzazione della colonna centrale che consenta di poter lavorare serenamente e in sicurezza?

ALTA TENSIONE SENZA CONTROLLO – Forse il direttore del Pronto soccorso, ma soprattutto il direttore sanitario dell’ospedale, Alessandro Sansonetti, che ha disposto lo spostamento della guardia giurata all’ingresso del nosocomio, non sanno che ci sono stati momenti ad altissima tensione, com’è prevvedibile in un Pronto soccorso. A maggior ragione in un ospedale così controverso, finito più volte al centro di spiacevoli fatti di cronaca. Oltre a fronteggiare le urgenze, i sanitari hanno dovuto tenere a bada parenti e amici delle vittime. Quella singola guardia giurata, che potrebbe essere persino spostata, non è stata sufficiente a contenere la situazione. Fin qui ciò che è successo dopo la drammatica esplosione della bomba nella sala giochi, ma c’è dell’altro.

L’AMBULANZA SCASSATA E IL TRASPORTO A ROMA DI UN BAMBINO IN ATTESA DI TRAPIANTO – Qualche giorno fa un bambino piccolissimo, con atresia delle vie biliari è stato portato a Roma con le solite ambulanze scassate. Un viaggio della speranza per essere ricoverato in attesa di un trapianto di fegato. Una famiglia umile anche in questo caso, senza possibilità di fare altrimenti. Per un trasporto così delicato, in attesa che si riesca ad acquistare le nuove ambulanze o che le si noleggino, o che si assegnino alle associazioni di volontariato le altre sette postazioni del 118 che fanno capo alla Asl di Bari, non poteva essere affittato un mezzo più idoneo e sicuro? Non sarebbero certo stati quei soldi a creare sconquassi nelle casse della sanità regionale. Non si tratta solamente delle comodità di un viaggio già di per sé complicato, ma delle possibili conseguenze che quel bambino avrebbe potuto avere se l’ambulanza avesse avuto un guasto – com’è già successo tante volte.

L’ESASPERAZIONE DI MEDICI E INFERMIERI – Non si può giocare ancora alla roulette russa e far finta di niente. Medici e Infermieri del 118 e del Perinei sono sfiniti e spesso vengono additati come l’unica causa dello sfascio di quell’ospedale e della sanità in generale. “Non è possibile continuare a operare in queste condizionici spiegano chiedendo di restare anonimi per paura delle solite ritorsioni – Lavoriamo in contesti in cui le singole risorse umane e professionali sopperiscono a mancanze d’organico, organizzative, formative nate da incomprensibili decisioni dirigenziali, spesso scellerate. I cittadini lo devono sapere”.

LE RITORSIONI – Stando a quanto ci viene riferito, pare che medici precari e assunti con regolari contratti dopo le nostre denunce siano stati presi di mira. Un’operazione di screditamento scientifica. E intanto ognuno resta al proprio posto. Velate minacce, intimidazioni, bassi punteggi valutativi al posto di lettere di encomio, per esempio proprio per la gestione del dramma di ieri. Il malato è grave e, purtroppo, sembra vada sempre peggio. Una cura dovrà pur esserci, perché non si può chiedere sempre a medici e infermieri di fare i miracoli. Ammettere gli errori non è segno di debolezza, al contrario è l’unico punto di partenza possibile per fare meglio. Abbiamo chiesto un intervento al Direttore generale della Asl di Bari, Vito Montanaro. Aspettiamo di sapere qual è la sua ricetta per rianimare quell’ospedale e, più in generale, la sanità barese.