La carta canta e spesso fa trovare tutte le note stonate, come quelle più volte strimpellate da Francesco Rocca, il presidente nazionale della Croce Rossa, ormai in odore di commissariamento. Lo scandalo barese nato da una nostra denuncia e il successivo blitz del Nas, ha scatenato un putiferio e fatto venire allo scoperto il presidente che, dopo aver ricevuto il verbale dai Carabinieri, il 12 marzo scrive una lettera inquietante, non tanto per i toni, quanto per l’idea che vuole dare di essere appena caduto dal pero, come se lo stato pietoso in cui versa l’ente non sia anche responsabilità sua.

«Di tutta evidenza – scrive – questa deprecabile situazione viene da lontano, è frutto di incuria protrattasi nel tempo e certamente non imputabile moralmente o eticamente al Commissario Pro Tempore o al Vice Commissario, i quali hanno fatto tutto il possibile per risollevare la situazione, in un contesto difficile, se non addirittura ostile ed in cui probabilmente vi è stato un troppo debole sostegno da parte dei vertici preposti».

Può fare una simile dichiarazione uno che è a capo dell’ente dal 2008? Certo che la situazione di Bari, così come quella di decine e decine di comitati in tutta Italia hanno origini lontane. Per chi lo avesse dimenticato, ci sono 163 comitati commissariati e a commissariarli è stato Rocca. Un ex commissario, poi nominato presidente (italico vezzo), non può scaricare il barile in questo modo, ma fare i bagagli e togliere il disturbo. Pare che il Governo l’abbia finalmente capito. Da qualche Consiglio dei Ministri a questa parte, pare che la Croce Rossa sia presente nell’ordine del giorno con un obiettivo: un nuovo commissariamento. Roca ha fallito e ormai è indifendibile.

I paradossi della missiva di Rocca sono tanti. «Quanto rilevato in sede ispettiva è ancor più grave se si pensa che vi è personale CRI – a quanto si legge –  inoperoso e ce potrebbe essere validamente impiegato per evitare simili ingiustificabili criticità». Presidente, non è sempre colpa di qualcun altro, così sono bravi tutti a stare a capo di un ente che si vuole privatizzare come specchietto per le allodole. Personale inoperoso? Ma si rende conto della gravità di ciò che dice? Si rende conto delle centinaia di ex dipendenti pubblici di comitati provinciali e locali (al netto di quelle licenziate e sbattute in mezzo a una strada con tutte le loro famiglie), che passano il tempo a ciondolare nelle sedi regionali, rimasti gli unici baluardi pubblici?

I nuovi assunti con contratti co.co.co. nella sede romana, per esempio, per quali progetti sono stati assunti, a fare cosa? Non è la privatizzazione che renderà efficiente l’ente, ma una presenza maggiore sul territorio da parte dei suoi vertici, la presenza di qualcuno che non venda gli immobili di proprietà e poi elargisca soldi a tutti, e diciamo tutti, i comitati della Croce Rossa sparsi per il mondo (di questo, però, ce ne occuperemo a parte con delle bizzarrie da premio Oscar).

Confidiamo nel Presidente Renzi e nella sua capacità di leggere le criticità con anticipo. La Croce Rossa è in una situazione difficile e tirare la carretta in questo modo non servirà a nessuno: ai dipendenti, ai volontari oltre che ai contribuenti. Sì, perché spesso dimentichiamo che per il momento la Croce Rossa è un ente pubblico, pagato coi soldi di tutti, ma amministrato come fosse una cosa privata. La privatizzazione, qualora sia l’unica strada, è un’altra cosa.

A margine una considerazione. Ha scritto che l’ex vice commissario del comitato provinciale di Bari ha fatto tutto il possibile per risollevare la situazione. Ci dispiace sapere che la pratica di staccare assegni intestati “a me medesimo”, presentando ricevute che valgono quanto un pezzo di carta straccia, trovi la sua approvazione. Ecco perché non può far credere di cadere dal pero.