Molfetta

“Un Sindaco non può fare questa vita”. Ipsa dixit, Paola Natalicchio, che guida l’amministrazione comunale di Molfetta, dopo un periodo di commissariamento, è appena uscita dall’incubo di un assedio. Assedio di popolo, quel popolo nel nome del quale si fanno e si dicono tante cose.

Per quanto il sito del Comune non ci dia nessuna traccia, sappiamo che Natalicchio è espressione di una maggioranza di centro sinistra: una congiuntura economica non proprio felice, i tagli del governo e forse un po’ di improvvisazione a metà fra la demagogia e il populismo involontario (i “cantieri di cittadinanza” che “danno in cambio di ricevere” dai cittadini del lavoro “socialmente utile”), hanno scatenato la rivolta.

Ci sono volute le forze dell’ordine e ore di assedio: Natalicchio era barricata dentro il suo ufficio, abbastanza al sicuro, ma spaventata a morte. Fra le tante frasi da lei pronunciate, affidate ai social, balbettate al telefono a qualche cronista, è uscita anche “Non sono Mago Zurlì”, mentre una quarantina di persone, soprattutto donne, inferocite urlavano all’esterno, battevano pugni al muro, minacciavano sfracelli.

Paola Natalicchio sapeva quali problemi ereditava, quale sanguinosa situazione socio-economica avrebbe dovuto affrontare, quale degrado socio-antropologico di quel “popolo” che si ama tanto fino a quando non diventa vero, carne, rabbia e sangue e niente logica che non sia quella primaria della sopravvivenza.

Se non se la sente, come ha più volte ribadito di “fare il Sindaco così” ha solo un’alternativa. Dimettersi e lasciare la sua scomoda poltrona. Oggi i sindaci devono essere consapevoli che guideranno città devastate dalla crisi e dal vuoto politico-amministrativo, reso ancora più drammatico da vent’anni di astensioni crescenti, malaffare, coabitazione fra malavita e quel che resta di partiti e movimenti.

Molfetta non fa eccezione: una zona industriale ipertrofica che si è trasformata nel regno dell’effimero, dell’outlet spinto e di molte promesse non mantenute. Una vocazione marinara e artigianale tradita, un’agricoltura inutilmente sfregiata.

Più che evocare Mago Zurlì, Paola Natalicchio farebbe bene a riflettere se sia il caso di insistere a fare la sindaca. Lei dovrebbe meditare sulle parole del Papa che poco meno di un anno fa, incontrando proprio gli oltre ottomila primi cittadini d’Italia, ebbe a dire: “Il sindaco, in mezzo alla gente. Non si capisce un sindaco che non sia lì, perché lui è un mediatore, un mediatore in mezzo ai bisogni della gente” – ha detto Francesco a braccio – “E il pericolo è diventare un sindaco non mediatore, ma intermediario. E qual è la differenza? È che l’intermediario sfrutta le necessità delle parti e prende una parte per sé. Vi auguro questo: stanchezza, in mezzo al vostro popolo, e che la gente vi cerchi perché sa che voi sempre rispondete bene”.

Appunto.