L’allenatore taumaturgo ha fatto il primo miracolo che la curva sperava. Non la vittoria. Contro il Trapani per alcuni tratti della partita s’è rivisto un po’ del vecchio Bari stile play off: piglio, corsa e qualche trama, persino con i giocatori al posto giusto. Certo, se per altri spezzoni il migliore in campo è stato il portiere, vuol dire senza dubbi che c’è da lavorare. Lo stesso Nicola ha invocato maggiore intensità e propensione al rischio. L’inizio è quello giusto. L’unico che l’intera piazza s’aspettava.

Al secondo risultato utile consecutivo, però, non venga a nessuno in mente che siamo tornati una squadra fortissimi, perché in ogni caso a gennaio bisognerà mettere mano alle strategie e al portafoglio. Galano è tornato a correre lì davanti, a essere pericoloso al punto da fare gol, con meno fiatone e più libertà di offendere. Del resto non ha mai nascosto la contrarietà – anche in campo – al rulo spaccafianchi che Mangia aveva pensato per lui.

L’arrabbiato Sciaudone è riuscito a scaricare la tensione verso l’obiettivo giusto, meritandosi lo stipendio per cui si spacca la schiena: gli avversari. Persino uno come Ligi, fin qui imbarazzante, tutto sommato ha tenuto. Il Bari riparte da sè stesso consapevole che, per la promozione, non bastano annunci, proclami, promesse e una squadra forte solo sulla carta. Tra il proclamare e il fare c’è di mezzo il campo. Un risultato dopo un filotto di tre sconfitte non fa la rivoluzione, ma può segnare il nuovo corso. “San Nicola” lavora per noi e per ricucire gli strappi nello spogliatoio e quelli con la tifoseria.

Al termine della partita la curva ha iniziato ad acclamare i giocatori, invitandoli ad andare a festeggiare sotto la curva. Caputo e compagni, invece, hanno imboccato la strada dello spogliatoio. Gli attriti di queste settimane si fanno sentire. Dev’essere così. I rapporti si ricostruicono con pazienza e volontà. L’eccessiva schizofrenia da risultato sugli spalti e la troppa euforia post partita non aiutano.