Mangia è al capolinea. Lo scrivono tutti. Lui dice che sono altri a dover scegliere sull’eventuale esonero. Sì, perché in molti sono certi che la panchina bollente sarà la prossima e poi l’altra ancora. Gli altri, quelli che dovrebbero prendere il toro per le corna, in realtà è l’altro: Paparesta. Il presidente non decide ancora, forse perché sta facendo due calcoli per capire quanto il prezzo valga la candela. La calcolatrice è stata presa. Questo è certo. Le alternative per la panchina ci sono. A detta delle malelingue ce ne sono due particolarmente gradite al presunto socio occulto Lotito: lo sconosciuto Bollini e il veterano Reja, ex laziali doc. Ma si fanno anche i nomi di Cosmi e Torrente.

Quelli del fantacalcio, poi, in qualche bar, parlano persino di un ritorno di Alberti. Proprio lui, il brutto e contestatissimo anatroccolo, diventato cigno sul finire della passata stagione. I baresi so fatti così, ma come dargli torto. E se Mangia è al capolinea, il Bari è un bivio: decidere di cambiare rotta o andare avanti facendo finta di niente, accampando scuse di ogni tipo per giustificare scivoloni e demeriti. I numeri sono come un chiodo sulla Croce: 4 vittorie, 4 pareggi e 5 sconfitte. Poco per una pretendente dichiarata alla serie A. Numeri assai diversi da quelli necessari per trasformare in realtà le ambizioni sventolate nel ritiro precampionato da Stefano Antonelli, il direttore sportivo che, ad eccezione della conferenza stampa di presentazione di Wolski, non si è mai più visto davanti a un microfono, perché lui preferisce lavorare anziché parlare.

Le parole sono come pietre. Era stato detto che avremmo dovuto vedere una squadra dall’età media di 22 anni, veloce e capace di assecondare gli schemi di Mangia. Çani e Silva sono stati venduti per questa ragione. Ieri, contro la ternana, sono arrivati decine di cross per le torri De Luca e Caputo. I numeri, dicevamo, sono come un chiodo sulla Croce. Il 4-4-2, difeso a spada tratta fino a un certo punto della stagione, ha poi lasciato spazio al 4-3-3, poi è stata la volta del 3-5-2 e ancora del 4-3-3.  Cambiando l’ordine dei fattori, purtroppo, il risultato non è cambiato, così come non è servito il ritiro punitivo che alcuni giocatori hanno pure apertamente criticato. E non venite a dirci che siamo i soliti guastafeste rovina spogliatoi. Non sempre i panni sporchi si riescono a lavare in casa.

In difesa, a eccezione di Contini, nessuno dei giocatori presi nella “sontuosa” campagna acquisti, si è rivelato all’altezza, men che meno decisivo. L’altra sufficienza è per Sabelli, ma c’era anche l’anno scorso. Per fortuna è rimasto. Rossini, Ligi e Camporese finora non hanno mai fatto bene. Quanta nostalgia del “grasso” Polenta, un non professionista per Antonelli, che ha fortemente voluto Minala, una meteora scassata, arrivata insieme al buon Wolski.

Un capitolo a parte è quello dei ritorni. Donati, che avrebbe dovuto avere le chiavi del centrocampo è lento e macchinoso. Stoian ti dà sempre l’impressione di essere altrove, svogliato e superficiale. In questo momento nel cuore dei tifosi sale il rimpainto per l’ex Angelozzi, sempre presente e pronto a spiegare, a cercare di capire. E intanto si allunga l’ombra di iìun ritorno al vertice. Sempre quelli del fantacalcio parlano di Perinetti. Neppure la scelta di regalre biglietti a profusione ha portato il risultato sperato, se non quello di aumentare di poche centinaia di unità il numero di fischianti allo stadio. Umiltà, lavoro, meno giustificazioni e scelte coraggiose. A quel punto si potrà ripartire. Chiudiamo con l’aggiornamento arrivato via sms dalle stanze dei bottoni in via Torrebella: “Nessuna novità, avanti così”. Speriamo di no.