Abbiamo voluto fare nostro questo splendido ricordo di Klas Ingesson scritto da Fabio Fanelli per chestorialabari.it. Nel video, il ricordo di alcuni tifosi biancorossi e le immagini dell’avventura barese del grande Capitano.

 

Klas Ingesson è stato l’armadio svedese a Bari prima dell’Ikea. Faceva parte di una colonia, con altri pezzi di legno scandinavo. Alti come Kennet Anderson, o geniali e ordinati nelle soluzioni come Daniel Anderson. Ingesson però aveva qualcosa in più, il carattere. Freddo dal dischetto ma caldo a centrocampo. Uno svedese naturalizzato barese.

A Bari, a Bologna, a Lecce e ovunque sia andato ha occupato il centrocampo come una libreria dalle forme rigide ma dallo spazio grande. Ha custodito il pallone e il calcio di bambini e tifosi come l’armadio complice di una stanza che non badava agli orpelli, ma alla sostanza. Perché tutte le casseforti hanno forme regolari.

Tanti ricorderanno aneddoti, giocate, corse, interventi e goal entrati a far parte della storia di squadre e curve, colori, sciarpe e bandiere. Le statistiche del cuore. Altri elencheranno i nomi e i nomignoli, un po’ vichinghi un po’ disneyani. Perché i giganti vivono sempre a metà tra le leggende e le favole, nel centrocampo delle storie di tutti. A me piace ricordarlo fiero su una sedia a rotelle indossata come calzoncini di una partita diversa, difficilissima, come un atleta della vita. Piace pensare a quegli occhi di ghiaccio sciolto ancora capaci di spingersi su un campo per dire che l’avversario era forte ma si poteva battere, che si gioca con la testa, che si vince con il carattere.

Pelè, Maradona, Cruyff, Suarez, Zidane, Baresi e i più grandi calciatori tutti assieme, probabilmente non potrebbero insegnare ai propri ragazzi quello che Ingesson, da una carrozzina, ha insegnato sul calcio e la vita ai giocatori dell’Elfsborg. E forse anche a noi. L’avversario che aveva difronte voleva spazzarlo via come un virus galacticos contro una squadra di provincia. Lui lo ha tenuto sul filo, lo ha costretto ai supplementari, ai rigori. Lo ha respinto sino all’ultimo. 

Lo ha sconfitto.Perché avversari come quello non vogliono solo batterti, vogliono farti la manita, non farti vedere il pallone, metterti “in mezzo”, farti contare i minuti al fischio finale, per limitare i danni. Klas Ingesson a centrocampo ha tenuto botta. Come un armadio di legno scandinavo e cuore meridionale. Come una cassaforte regolare. Ha sgomitato con gli spigoli. Ha custodito il suo pallone e difeso la sua vita.

È la giocata più bella che potesse mostrarci. Avevo sempre pensato che quel nome Klas fosse una nota ironica del destino, sui suoi piedi educati ma non d’artista.
Oggi capisco che era il numero di maglia, che portava la sua anima di uomo.

Ciao Klas, bella partita!