Due notizie dal cuore stesso della città, ci hanno rivelato questo cuore come non mai. Un cuore evidentemente sofferente e stanco, imbolsito, incapace di sentire e provare passioni e sentimenti, quasi fosse nel petto di un ottuagenario basito dagli anni e dalle sciagure. La prima, amarissima e cruda, al limite dell’oscenità. C’è voluto tutto il coraggio e la determinazione di un Assessore alla sua prima esperienza amministrativa (almeno in Comune), Vincenzo Brandi, per tenere a bada la canea razzista e violenta che stava “protestando” perchè fra i beneficiari di un alloggio popolare, regolarmente richiesto e regolarmente avuto con una graduatoria spulciata sino all’inverosimile, c’era una signora eritrea, con i suoi due figli minori.

“Prima a noi e poi a loro”: gridava una pattuglia rabbiosa di nostri concittadini, usando le stesse odiose frasi che siamo abituati a sentire contro i meridionali, in bocca a leghisti o neonazisti di ogni risma, da Matteo Salvini, Borghezio a quelli di Forza Nuova. Brandi si è fisicamente frapposto non tanto fra quegli scellerati e la signora, palesemente intimidita che già cercava, nella disperazione di una ricerca di “normalità” che ben conoscono gli oppressi di ogni popolo, specie quelli che hanno figli da crescere, di accontentarsi di “un alloggio più piccolo”; ma fra la barbarie  e il diritto, sottolineando con coraggio e forza che quello della signora e della sua famiglia era sacrosanto, legittimo e che nessuno doveva conculcarlo.

La seconda potrebbe benissimo essere una piéce da teatro dell’assurdo o da grande film di Totò (che è quasi lo stesso). Questo giornale non è mai stato dolce di sale con Antonio Decaro e non comincerà oggi ad esserlo. Ma non si può rispondere all’annuncio che Bari diventerà sede periferica del Consiglio Nazionale delle Ricerche con una infastidita indifferenza, molto barese e levantina, di chi risponde sorridendo a tre quarti: ” e a noi che ci frega? Qui abbiamo bisogno di ben altro, per esempio di parcheggi…” e così via. E di questa paradossale cantonata presa, non dall’Amministrazione, ma da una parte della città (era la terza giunta territoriale al Libertà, una bella fetta di Bari bisognosa di ogni cura, ma anche di un vero rilancio) ci siamo già occupati in altra sede.

Due notizie che ci dicono, al di là di ogni ragionevole dubbio che viviamo in una città malata, molto malata, senza prospettive socio-antropologiche degne di nota, nella generalizzata e autocompiaciuta crassa ignoranza. Una città prossima alla sua fine come città. Poco importa se adesso diventiamo area metropolitana. Poco importa se abbiamo tre o quattro o cinque o dieci atenei. O trecento scuole o ancora mille negozi di marca. Non c’entra nulla, tutto questo, con la sapientia cordis di cui Bari è priva.

Non ci può essere una buona amministrazione, la migliore del mondo per assurdo, se la città fa schifo. E fa schifo perchè fanno schifo molti (sono sempre troppi) dei suoi abitanti. E quelli che schifo non fanno, si girano dall’altra parte, sentendosi migliori degli altri. E non cercano mai, in nessun modo, di far cambiare, dal basso, le cose.  Insomma, l’angelica farfalla di cui parla padre Dante, qui a Bari, è ancora nel bozzolo. Ma così, senza evolversi, morirà.