Tra i miei personali 4.100 amici su Facebook e tra gli 8.600 del quotidianoitaliano.it ci sono decine e decine di politici e rappresentanti – a vario titolo – delle istituzioni, quelli che tartassiamo con i nostri post. Molti li conosco personalmente, tanti altri non li ho mai visti. In queste ultime settimane mi sono messo a seguirli con maggiore attenzione. Effetto elettorale. La distinzione tra le pagine gestite personalmente, quelle in mano ai guru o in comodato d’uso e quelle aggiornate in comproprietà, sarebbe d’obbligo. Tant’è. Non siamo un istituto di statistica, ma osservatori con un occhio un po’ più attento. E allora ho preso carta, penna e una calcolatrice e mi sono messo a prendere appunti e fare calcoli.

La campagna elettorale – di cui in molti giorni si respira l’aria peggiore – ha  risvegliato il politico dal letargo che, nel 15% dei casi, andava avanti dalla passata campagna elettorale (eufemismo per sottolineare come per mesi non siano stati postati commenti degni di nota). Il 90% del campione è di un’educazione senza pari. I buongiorno, buonasera, buona domenica e gli auguri di Natale, Capodanno, Befana, Ferragosto, Primo Maggio (fatti anche ai disoccupati cronici, che poi rispondono a maleparole) si sprecano. I più avveniristici si spingono fino ai personalissimi auguri di compleanno, inserendo in tono confidenziale il nome dello sconosciuto. L’80% dei “mostri social” è narciso e pubblica una valanga di fotografie di sè stesso o in mezzo a gruppi sorridenti, nelle circostanze più disparate. Soprattutto quelli “seguiti” mischiano vita politica e personale.

Foltissimo, soprattutto tra i big, il plotone dei presenzialisti. In altre parole quelli che, pur volendo, non potrebbero scrivere nulla sulle loro bacheche perché impegnati a correre da uno studio televisivo all’altro; a scrivere lettere e considerazioni su questo o quel giornale (a seconda dell’appartenenza o ex ideologia). Il 10% del campione, poi, scrive quasi abitasse in Danimarca. Mi spiego meglio: il problema del giorno è quello dei soldi chiesti agli insegnanti, la disoccupazione record come le tasse, il sovraffollamento delle carceri, le condizioni disumane in cui sono costretti molti richiedenti asilo, la libertà dell’informazione, l’accesso al credito delle piccole imprese che continuano a chiudere, i suicidi generati da questo momento ecc, ecc? Loro parlano imperterriti di quanto è figo o “stronzo” Renzi, delle ire quasi sempre funeste di Grillo o dei problemi-non problemi di Berlusconi. Ultimamente della nascita di nuovi partiti e movimenti pronti alla rivoluzione politica per il bene del Paese. Per un attimo avevamo temuto volessero il male dell’Italia. È una battuta. Meglio precisarlo, per il battaglione dei permalosi.

Tutti, ma proprio tutti, sono tornati a riappropriarsi delle istanze dei territori di appartenenza, trasformandole nei loro pony da battaglia. Più della metà, grazie al Cielo, del proprio territorio se n’è sempre occupato e può a pieno titolo affrontarla a cavallo la sua guerra. Una buona parte di chi non ha tempo (non sono riuscito a calcolare la percentuale) si affida agli articoli di giornale per esprimere pensieri, proposte e indignazione, ma pochissimi alimentano la discussione con commenti appropriati. La stragrande maggioranza pubblica e poi tira indietro il dito dal mouse, lasciando che siano gli “amici” a scannarsi o cimentarsi nell’arte oratoria.

Il 5% dei nostri osservati speciali, poi, ha la faccia liscia quanto il sederino di un neonato. Scrivono imperterriti di soluzioni a problemi che, con il loro voto in aule più o meno importanti, mentre sedevano su scranni più o meno importanti, hanno contribuito a creare. Clamorosa la percentuale degli sportivi. Solo il 10% di tanto in tanto sveste i panni istituzionali per indossare quelli dell’ultras. In questo momento non si hanno notizie degli interisti. Abbondano, invece, gli juventini. L’ultras barese è uno solo. Pochissimi – percentuali risibili – pubblicano sulle loro pagine Facebook interrogazioni, interpellanze, mozioni, promosse personalmente. Dunque, al netto degli auguri, delle farneticazioni, dei deliri di onnipotenza e onnipresenza, delle ospitate e soprattutto se non ci fossero i post della gente che li riporta con i piedi ben ancorati alla realtà, la metà dei nostri amici politici sarebbe da bannare. Per fortuna c’è anche l’altra metà, quella di cui, indipendentemente dall’appartenenza politica, c’è da esserne fieri.