Se le minacce di morte non arrivano a un giornalista quotato, di un quotidiano quotato, non sono meritevoli di attenzione. Sappiamo che non è così – al contrario di quanto ha fatto credere con il suo silenzio l’Ordine dei giornalisti della Puglia – e quindi ci permettiamo una riflessione.

Sappiamo che non è così soprattutto perché tre consiglieri ci hanno contattato privatamente per esprimere la propria solidarietà. Li ringraziamo. Un po’ come succede ai bambini monelli, sapete? Da soli sono bravissimi, ma quando sono in gruppo diventano ingestibili. Ad onor del vero sappiamo che per qualcuno di loro non è stato un periodo facile e per questo gli siamo vicini: coraggio!

Abbiamo aspettato, aspettato, aspettato e aspettato ancora una telefonata, un comunicato, un telegramma, una dichiarazione, un post, un tweet, una citofonata. Niente. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Puglia non ha ritenuto che un giornalista minacciato di morte, che come ogni buon cittadino denuncia tutto all’autorità competente, abbia bisogno della solidarietà istituzionale dei colleghi.

Probabilmente la solidarietà in questi casi non è inclusa nel pacchetto previsto con il pagamento regolare della quota annuale di iscrizione o, ancora peggio, non è prevista se scrivi per una testata online. Sì, perché, qualcuno pensa ancora che se non sia di carta un giornale non canti. Un pezzo online canta paro paro a uno di carta. Ve lo dice uno che ha scritto per un giornale “vero” (di carta), che ha fatto radio, che ha fatto e fa televisione.  Nel senso che ve lo dice uno che ha avuto a che fare con ogni genere di giornalismo. Tutti degnissimi.

Caro presidente, la lettera contenente le minacce – al vaglio della digos, così come speriamo tutta l’inchiesta che ha generato quelle minacce – non genera sangue da poter esaminare come la madonnina di Civitavecchia. Allo stesso modo, però, piange lacrime amare.

La dignità di un giornalista non è solo contributiva – su questo siamo d’accordo – ma anche professionale, soprattutto se arriva da un network online senza contributi, senza sponsor, padroni e purtroppo ancora senza pubblicità nonostante le 500mila visualizzazioni dell’ultimo trimestre. Stiamo lavorando affinché le cose cambino, crescano, migliorino.

La solidarietà in questo caso va data non alla persona singola, ma all’intera redazione, che purtroppo campa con le paghette personali che il direttore può dare ai suoi eccellenti ragazzi solo quando può permettersi di distrarre qualche soldo dal misero bilancio familiare. In attesa di tempi migliori e senza operazioni occulte di sfruttamento alle spalle.

Caro presidente, il silenzio – diceva qualcuno – vale più di mille parole. Quanto vale in questo caso quello dell’Ordine dei giornalisti?