Dopo. Dopo. Dopo. Sempre e solo dopo. Dopo il vespaio di polemiche e denunce sulla scarsa sicurezza di molte strutture sanitarie “di frontiera”, qualcosa sembra muoversi anche nei palazzi della politica locale. Un’assunzione di responsabilità che potrebbe salvare tanti colleghi di Paola Labriola ma che, a questo punto, è lecito chiedersi come mai non sia stata innescata senza la necessità di un “sacrificio”. Nella mattinata di oggi è prevista una riunione dei direttori delle Asl baresi alla presenza dell’assessore alla Salute Elena Gentile: «Ci vedremo per stilare un principio di nuova organizzazione», ha dichiarato a riguardo il direttore generale dell’Asl Bari Angelo Colasanto. Ancora una volta, dopo.

La questione centrale, come spesso accade in questi tempi di ristrettezze, è trovare l’equilibrio tra l’esigenza contingente e i conti di bilancio: «Presidiare allo stesso modo i servizi a rischio come i Csm», sono state le parole dell’assessore Gentile. Proprio nell’ufficio del direttore Colasanto, inoltre, si era tenuta una riunione tra i soli dirigenti dei Centri Igiene Mentale, un’assemblea nella quale si è deciso di dare il via ad un primo piano di razionalizzazione dei Sim. Il progetto prevede che le attuali 14 strutture psichiatriche dislocate nella città vengano ridotte a 7, in modo da garantire un miglior coordinamento fra le strutture stesse e una migliore possibilità di sorveglianza.

La morte della dott.ssa Labriola sembra dunque aver innescato un circolo virtuoso, a cui però si deve accompagnare la domanda più importante, troppo spesso  senza risposta: perché solo adesso? Perché si è dovuto arrivare a tanto per porre mano ad una situazione prevedibilmente a rischio?  Perché si devono esporre a rischi inutili persone che fanno solo il loro lavoro, al servizio della comunità poi?

Una domanda a cui, prima o poi, la politica e la società devono trovare risposta. Speriamo prima, perché poi ci toccherà nuovamente riempire le cronache di altre “Paola Labriola”