Le hanno negato l’aborto a Foggia, mentre a Bari in meno di 24 ore è riuscita a praticarlo. È la storia di una ragazza foggiana che tra febbraio e marzo ha tentato di abortire, ma non ci è riuscita scontrandosi con obiettori di coscienza, procedure poco chiare e medici e psicologi che non sembrano aver avuto a cuore la situazione psicologia della giovane madre, ma solo le loro convinzioni personali.

La giovane all’inizio del 2021 ha scoperto di essere incinta, ma non voleva portare avanti la gravidanza sin dal primo momento. Si è rivolta alla sua ginecologa che le ha consigliato di recarsi in ospedale per praticare l’aborto. All’epoca dei fatti la ragazza si trovava entro il terzo mese di gravidanza.

Qui però inizia un vero e proprio travaglio psicologico. Il medico del Riuniti che la prende in carico è un obbiettore di coscienza e la rimanda a casa dicendo che è oltre il tempo limite consentito dalla legge. Impossibile praticare l’aborto. La ragazza e i suoi familiari sono sconfortati, lei non vuole portarla avanti e loro vogliono supportarla in questa scelta, nessuno però ha la lucidità di chiamare i Carabinieri per intervenire.

Passa qualche settimana, ma la ragazza non si rassegna. Non vuole portare avanti la gravidanza, è un suo diritto. Ritorna in ospedale e ancora una volta si ritrova lo stesso medico, ma qualcosa sembra muoversi. Viene ricoverata, incontra lo psicologo e il medico legale. Inizia l’iter per l’intervento, ma all’ultimo le negano la possibilità perché secondo la perizia la ragazza sta bene e non presenta segni evidente di autolesionismo. I medici non osano nemmeno chiamarlo “aborto”, ma “quell’intervento lì” quasi fosse un’omicidio, una pratica ai limiti della scienza o dell’etica.

Ritorna a casa, sconfortata, e rassegnata, ma i suoi familiari decidono di contattare il gruppo “Staffetta per l’aborto”, cercando il nome di un dottore o di una struttura che pratichi l’aborto. In pochissimo tempo la ragazza arriva a Bari, e ricoverata presso una struttura ospedaliera dove le praticano finalmente l’interruzione di gravidanza.

Dopo una corsa ad ostacoli, burocratici ed etici finalmente la ragazza ha visto prevalere un suo diritto. Nel frattempo il Policlinico di viale Pinto ha avvitato un indagine interna per fare chiarezza sulla vicenda.