Si chiama Andrea, i tassisti leccesi lo chiamano “dentiera”, dice di avere 73 anni e per arrotondare la pensione minima da oltre 12 anni fa il tassista abusivo. L’ex imprenditore non si è mai fermato. Sosta nelle vicinanze della stazione, proprio di fronte alla pensilina dell’autobus adibita a centro di spaccio da alcuni migranti. Siamo a pochissimi metri dal parcheggio dei taxi, fermi per ore in considerazione dell’assenza dei turisti e delle chiusure dettate dalle nuove restrizioni.

La pandemia e la conseguente crisi economica stanno colpendo in modo durissimo. I tassisti sono esasperati e adesso mal sopportano le corse scippate dal pensionato, che i clienti li raccatta proprio sotto il loro naso. Molti sono migranti. Andrea ha un suo giro di clientela.

Ci siamo fatti accompagnare per 10 euro dalla stazione all’hotel Tiziano. Nel tragitto abbiamo rischiato di essere fermati dalla Polizia Locale. “Ci avessero multato – spiega Andrea – me ne sarei fregato, mi è già successo. Le multe non le pago”. Una storia di denunce reciproche. Andrea ne ha prese almeno un paio dai tassisti. Lui, invece, ne ha fatta una a due fratelli tassisti che lo avevano fermato con alcuni turisti olandesi in auto.

Non sappiamo quando di vero ci sia nella storia dell’abusivo, il cui atteggiamento è nettamente diverso dal collega barese “sgamato” un paio d’anni fa. Spese e bollette, però, ce le hanno tutti.

L’eterna domanda ritorna d’attualità: è giusto sbarcare il lunario anche quando chi fa regolarmente il tuo stesso “lavoro” non se la passa bene? E poi, non sarebbe il caso di crearsi una clientela fissa ed evitare almeno di sostare a due passi dalla fermata dei taxi? E le autorità, certamente a conoscenza della situazione, che fanno? A sentire Andrea, uno che la sa lunga, cambierà poco. Del resto nel suo taxi abusivo ha traportato anche il Prefetto di Lecce e il “Capo della Polizia”. Durante il colloquio la fantasia può aver preso il sopravvento sulla realtà, ma è comunque il sintomo di una sfrontatezza disarmante.