La maxi operazione condotta ieri dai carabinieri ha portato alla scoperta di un giro di affari messo in piedi da un’associazione mafiosa che avrebbe sottratto 13 milioni di fondi pubblici ad aziende oneste. Nel mirino degli investigatori c’è la famiglia Delli Carri, ma anche funzionari pubblici e titolari di aziende agricole pugliesi ed estere.

Dalle intercettazioni telefoniche, è emerso che Aldo Delli Carri spiegava ai suoi complici l’importanza di trovare i voti per l’ex consigliere regionale Giuseppe Lonigro, non indagato, ma descritto da Delli Carri come “persona potente nell’Agricoltura” e che quindi la sua presenza in Regione era comoda per il loro giro d’affari.

Aldo Delli Carri è tra le 48 persone finite in carcere per associazione mafiosa dedita a reati come estorsione, sequestro di persona, riciclaggio e truffe alla Comunità Europea. Ed è proprio questo che ha fatto scattare le indagini dei Ros e del Comando tutela agroalimentare, coordinati dalla DDA di Bari e dalle pm Lidia Giorgio e Bruna Manganelli e dal procuratore aggiunto Francesco Giannella.

Il gruppo mafioso, in questi anni, ha guadagnato con crimini tradizionali e cogliendo l’opportunità dei fondi PSR. Il sodalizio era capeggiato da Francesco e Donato Delli Carri che si avvaleva di alcuni imprenditori agricoli come Antonio Andreano, Antonio Ippedico e Aldo Delli Carri e di un agronomo di Barletta, Manlio Cassandro, firmatario di molteplici richieste di agevolazioni.

I funzionari della Regione indagati sono Cosimo Specchia, Giovanni Bozza, Luigi Cianci e Giovanni Granatiero, chiamati dai Delli Carri i “rapinatori con la penna” perché certificavano che le imprese dei loro prestanome avessero tutte le carte in regola per accedere ai fondi europei e ottenere i finanziamenti. Nelle intercettazioni Aldo Delli Carri parla di favori che venivano pagati profumatamente e, nel caso in cui non rispettavano le richieste, di funzionari minacciati.

Il sistema, stando alle indagini, era basato sui flussi circolati delle operazioni bancarie tra 11 società pugliesi e 13 società estere con sede in Romania, Bulgaria e Portogallo. Le società pugliesi facevano credere di acquistare macchinari nuovi dalle società estere. In realtà erano macchinari usati e quindi l’UE dava più soldi rispetto a quelli spesi. Inoltre le società estere spendevano centinaia di migliaia di euro in prodotti agricoli, come i pomodori secchi.

Ed è proprio la fiorente attivitò agricola della Capitana che ha creato le basi per gli imbrogli. In Regione, infatti, venivano presentati progetti che riguardavano aziende con agricoltura biologica, campi di asparagi e carciofi  tecniche di coltivazione innovative. In realtà non si trattata di niente di tutto questo, ma erano solo dei progetti ciriminali messi in piedi per riuscire a fare soldi facili.

Proprio per questo motivo l’associazione mafiosa non disdegnava dell’aiuto dei politici, come quello emerso nelle intercettazioni di Delli Carri riguardo la figura di Lonigro, essenziale nella Regione perché “si mette a nostra disposizione” o riguardo l’importanza di politici nel comune di Foggia.