Un’intensa e capillare attività di controllo in materia di pesca è stata condotta nei giorni scorsi dagli uomini della Guardia Costiera di tutte le Capitanerie di porto della Puglia, coordinati dal 6° Centro di Controllo Area Pesca della Direzione Marittima di Bari, a seguito della quale sono state sequestrate 9 tonnellate complessive di prodotto ittico e comminate sanzioni per un ammontare totale pari a 71mila euro. Lo rende noto l’ufficio stampa della Guardia Costiera con un comunicato inviato in redazione.

I controlli e le ispezioni hanno riguardato esercizi commerciali al dettaglio e all’ingrosso e punti di sbarco del pescato, con la finalità prioritaria di garantire la tutela dei consumatori attraverso la verifica della rintracciabilità dei prodotti ittici, per la cui violazione sono state inflitte sanzioni per un totale di 23mila euro.

Anche l’accertata violazione di norme in materia d’igiene e sicurezza alimentare, in occasione dei controlli operati con il supporto dell’autorità sanitaria, ha portato alla contestazione di illeciti amministrativi per un totale di 16mila euro, unitamente a due denunce all’autorità giudiziaria per fatti penalmente rilevanti in relazione a prodotti in cattivo stato di conservazione.

Rilevante anche l’attività repressiva della pesca e vendita di specie vietate. Sono stai infatti sequestrati circa 2mila esemplari di ricci di mare di cui, come è noto, è vietata annualmente la pesca nei mesi di maggio e giugno. I divieti imposti dalle norme mirano, difatti, a tutelare preziose risorse ittiche che potrebbero essere a rischio di estinzione. Tra questa, appunto, il riccio di mare. Il valore economico del riccio di mare è aumentato considerevolmente nel corso degli ultimi anni a seguito dell’innalzamento della domanda sul mercato e da questo ne è derivato un aumento considerevole delle catture.

Per questo motivo la pesca del riccio è consentita solo nel rispetto della normativa vigente. L’attività repressiva della pesca abusivamente esercitata riveste importanza fondamentale, non solo per cautelare il consumatore dall’acquisto di prodotti ittici privi di qualsivoglia documentazione attestante la provenienza, ma anche ai fini della tutela dei pescatori professionali, regolarmente autorizzati, danneggiati dall’illecita immissione sul mercato di prodotti provenienti dall’esercizio abusivo della pesca.